From the daily archives: giovedì, Giugno 1, 2017

La IMD è una business school (scuola d’affari) che, tra l’altro, dal 1989 pubblica annualmente, a Maggio, il World Competitiveness Yearbook (WCY), una classifica sulla competitività di 63 Paesi tra i più importanti al mondo.

Difatti, i risultati di un’impresa non dipendono esclusivamente dalla propria qualità, ma anche dal contesto nel quale esse operano.

Fino al 1996 erano stese due graduatorie (economie avanzate ed economie emergenti), ma dal 1997, col processo della globalizzazione, s’è deciso di unificarle.

Il WCY è considerato il punto di riferimento mondiale sulla competitività delle nazioni, tant’è che è utilizzato dalle aziende (per determinare gli investimenti), dai Paesi (per stabilire le politiche da attuare) e dagli studiosi (per apprendere ed analizzare).

Esso esamina la capacità delle nazioni di creare e mantenere un ambiente in cui le imprese possano competere.

Sono oltre 340 i parametri presi in considerazione dal WCY tra i quali ricordo alcuni dei più importanti: la valuta, il mercato del lavoro, la pressione fiscale, la capacità produttiva del tessuto economico, le infrastrutture, gli investimenti, l’istruzione, un ceto medio numeroso, la burocrazia, la qualità della vita, la presenza nel territorio di materie prime, il patrimonio culturale, l’efficienza del governo, l’ambiente, la salute, il livello dell’inflazione, la demografia, la ricerca e l’innovazione, la diversificazione, la coesione sociale, ecc.

Ecco la classifica diffusa in questi giorni dall’IMD:

IMD – WCY 2017 – Classifica competitività

Da evidenziare:

  • conserva il 1° posto Hong Kong mentre gli Stati Uniti perdono un’altra posizione scivolando al 4°;
  • il primo Stato Europeo è la Svizzera (2°) mentre il primo dell’Unione Europea e dell’Area Euro sono i Paesi Bassi (5°);
  • il Paese col maggiore miglioramento è il Kazakistan con ben 15 posizioni guadagnate rispetto al 2016 (l’anno precedente ne perse 13);
  • la peggiore discesa è, invece, della Slovacchia che perde 11 posizioni rispetto all’anno scorso (dal 40° posto al 51°);
  • anche quest’anno nessun Paese tra quelli dell’America Latina rientra tra i primi 30 posti;
  • brutto calo per l’Italia che, dopo qualche anno di buona risalita, torna e cede 9 posizioni, dal 35° al 44° gradino.

Riccardo Fracasso

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