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La scorsa settimana:

“A proposito di elezioni, la statistica ci offre una curiosità: nel dopoguerra, in ben 8 volte delle 9 in cui nel trimestre pre-elettorale (Agosto-Ottobre) lo S&P 500 ha riportato una variazione negativa, le elezioni sono state vinte dallo sfidante.

Agosto-Ottobre 2020: -0,04%.

Per quanto minima, la variazione negativa ci suggerisce una vittoria di Biden (peraltro in buon vantaggio su Trump).”.

Statistica effettivamente rispettata con la vittoria di Biden.

Andiamo a fare qualche riflessione sulle possibili conseguenze, con la preghiera di dare una chiave di lettura puramente economico/finanziaria, NON politica, a quanto scriverò.

Innanzitutto Trump, come prevedibile, ha rifiutato l’esito delle elezioni: dovrà prima chiedere il riconteggio nei Stati interessati, poi eventualmente denunciare eventuali brogli ai tribunali dei singoli Paesi, e solo a quel punto avrà la possibilità di ricorrere alla Corte Suprema.

Va da sé che l’incertezza sull’esito non è favorevole ai mercati.

Proseguiamo.

La Camera, già conquistata alle elezioni di metà mandato del 2018, resta a maggioranza democratica.

La maggioranza del Senato, in bilico, si conoscerà solo a Gennaio.

Ovviamente un Senato in mano ai democratici faciliterebbe l’attuazione del piano del governo.

Viceversa, con un Senato in mano ai repubblicani (futura opposizione) si complicherebbe il lavoro per i democratici.

A proposito del programma democratico, tra i vari punti c’è un piano di rilancio da 700 MLD, finanziato principalmente dall’aumento delle tasse delle grandi società, in particolare raddoppiando le tasse sui profitti guadagnati all’estero, su cui attualmente gravano aliquote inferiori a quelle che colpiscono il ceto medio.

La disparità fiscale decisa dal governo uscente, da una parte ha sostenuto le multinazionali americane, mentre dall’altro ha inevitabilmente acuito ancor più il divario tra pochi ricchissimi e il resto degli americani.

Non è quindi casuale la concentrazione della capitalizzazione della borsa americana tra le primissime società americane.

Lecito pensare che, se l’enorme rialzo degli ultimi anni di queste società ha trainato con sé la borsa americana, un loro eventuale calo trascinerebbe verso il basso i listini azionari.

Pertanto l’attuazione di eventuali aggravi fiscali a tali imprese penalizzerebbe la borsa nel medio periodo.

D’altro lato, tale politica rimpolperebbe il ceto medio, l’asse portante di ogni economia; economia che nel lungo periodo tende a essere rappresentata dalla borsa.

In buona sostanza, nel medio periodo la vittoria di Biden potrebbe non essere ben vista dalla borsa, ma nel lungo periodo potrebbe avvantaggiare (o forse è il caso di dire evitare scenari ancor peggiori) l’economia e, di riflesso, la borsa stessa.

In tutta questa serie di considerazioni si aggiunga un ulteriore aspetto: attraverso il mercato finanziario (mi riferisco ai bond e ai collocamenti azionari) è erogato circa l’80% del credito americano.

L’eventuale crollo incontrollato del mercato finanziario sfavorirebbe l’accesso al credito e conseguentemente l’economia.

In buona sostanza, al nuovo governo la sfida di gestire i difficili equilibri di una situazione già ora molto complicata.

Riccardo Fracasso

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