Approfondiamo, seppur con (mio) colpevole ritardo, un importante aspetto del settore bancario: la redditività.
Negli anni ’90 furono rimosse quelle normative (Riforma bancaria: Roosvelt insegna) che separavano le banche commerciali da quelle di investimento e che vietavano alle banche commerciali di impiegare i risparmi dei cittadini in attività diverse da quelle dell’erogazione del credito.
In buona sostanza, da oltre due decenni sono ricomparse le banche miste.
Al di là di casi molto rari, l’attuale sistema bancario è, infatti, prevalentemente composto da istituti misti.
Ovviamente, per alcune banche il core business è più spostato verso il credito, mentre per altre prevalgono gli investimenti.
E’ noto a tutti che con la crisi economica molti crediti sono andati in sofferenza e ciò ha contribuito a causare una crisi di liquidità per le banche (particolarmente colpite quelle italiane) e, conseguentemente, una stretta sul credito.
In buona sostanza, le entrate per l’operatività di credito sono inevitabilmente scese e le uscite causate dalle insolvenze rappresentano un problema rilevante che porterà, inevitabilmente, ad un ulteriori svalutazioni contabili.
Per quanto riguarda gli investimenti, invece, qualche anno fa le condizioni di mercato consentivano alle banche facili guadagni, raccogliendo denaro a tassi prossimi allo zero ed impiegandoli in bond governativi che offrivano rendimenti molto interessanti.
Oggi, le banche, pur continuando a reperire denaro a tassi pressoché nulli, devono scontrarsi con un mercato in cui anche le scadenze più lunghe presentano rendimenti irrisori (un tempo il BTP a 10 anni era arrivato ad offrire rendimenti anche del 7%, seppur in circostanze di alta volatilità, oggi sono inferiori all’1,5%).
Pertanto, abbiamo assistito ad un vistosa contrazione dei margini di guadagno.
Quindi, meno entrate sia dal credito che dagli investimenti.
Per fronteggiare il calo delle entrate le banche hanno agito sulle uscite, quindi sui costi, chiudendo sportelli, licenziando il personale, potenziando il canale online, azioni utili ma da sole insufficienti a risolvere il problema.
Quel che si vuole porre in evidenza con questo articolo, quindi, è che per la maggior parte delle banche, oltre al problema dei crediti in sofferenza, esiste anche quello, non meno importante, della redditività.
Le banche sono un settore ciclico, ed in quanto tale fortemente influenzato dal ciclo economico.
Pertanto, se il ciclo economico riparte seriamente i problemi del settore bancario si ridimensionano notevolmente: da una parte si ridurranno i crediti in sofferenza e dall’altra l’eventuale rialzo dei tassi consentirà alle banche un miglioramento nella capacità di generare utile.
Se, invece, la ripresa dovesse tardare o anche solo stentare (come peraltro sta facendo), la percentuale di crediti in sofferenza che si trasformerà in insolvenze vere e proprie aumenterà e la redditività continuerà a costituire un problema sempre più grave.
Riccardo Fracasso
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