Durante la vita sono sempre più numerose le possibilità di credito che ci sono proposte per i nostri acquisti.
In passato era possibile indebitarsi per l’acquisto di una casa o di un auto, mentre ora si può ricorrere al credito anche per l’acquisto di un semplice Phone; ciò fa capire chiaramente quanto siano cambiate le cose e quanto l’attuale economia italiana sia sempre più simile a quella americana, con consumi basati molto più sul debito che sul risparmio (aspetto molto preoccupante).
Con la rateazione spesso diventa accessibile ciò che senza non lo è.
Pertanto, se per il Signor Rossi acquistare una televisione di 2.200 euro in un’unica soluzione non è fattibile, lo diventa invece con una soluzione di pagamento rateale.
Tuttavia, è doveroso tener ben presente che ricorrendo al credito non si fa altro che spendere una parte del reddito futuro.
In altre parole, chi ricorre al credito, in futuro potrà contare esclusivamente su una parte del reddito che percepirà perché la restante risulterà già impegnata; e più si accede al credito e più si finisce per erodere il reddito futuro.
Sono consapevole che sto rimarcando un aspetto che in fin dei conti è palese ma se lo faccio è perché spesso le strategie di marketing hanno proprio lo scopo di nasconderci ciò che è ovvio.
Ora, invece, ipotizziamo che il Signor Rossi detenga risparmi consistenti; in tal caso il precedente dilemma ‘Acquisto a rate o evito di acquistare?’ è sostituito da ‘Attingo ai risparmi o ricorro al credito?.
A parità di esborso totale (quindi in assenza di costi aggiuntivi quali interessi passivi, spese amministrative, ecc.) non v’è dubbio che la seconda soluzione è logicamente preferibile.
Però, talvolta i costi aggiuntivi ci sono e la convenienza svanisce.
Troppo spesso capita che il ricorso alle rate sia legato a motivazioni psicologiche anziché economiche.
Riprendendo l’esempio della televisione da 2.200 euro, ipotizziamo che il Signor Rossi possa acquistarla con 12 rate mensili da 200 euro (per un totale di 2.400 euro).
Confrontando i totali è lampante che la soluzione rateale che a caldo appariva come una gentile concessione da parte di chi vende, in realtà non lo è perché richiede un esborso maggiore.
Purtroppo spesso la nostra attenzione è rivolta esclusivamente all’importo della rata anziché al totale e spesso il Signor Rossi di turno finisce per ricorrere al credito pur disponendo di risparmi più che sufficienti per fronteggiare la spesa.
E’ una questione prettamente psicologica.
In questo caso, con la rateazione diventa tollerabile psicologicamente ciò che senza non lo è, o lo è molto meno.
E’ prassi comune, per esempio, in sede di dichiarazione dei redditi, slittare i pagamenti da Giugno a Luglio pagando un interesse aggiuntivo dello 0,4% su base mensile.
Lo 0,4% può apparire irrisorio ma su base annuale equivale ad un 4,8%.
Troppo per giustificare la scelta.
Nel caso in cui si disponga delle risorse necessarie per fronteggiare serenamente una spesa (detto in parole semplici: senza rischiare di sentirsi l’acqua alla gola), il ricorso al debito trova un senso se i soldi temporaneamente non spesi siano nel frattempo investiti e capaci di generare un rendimento ragionevolmente superiore al sovrapprezzo (interessi passivi, spese amministrative, ecc.) pagato.
Il più delle volte chi decide di posticipare a Luglio il pagamento, pur non avendo alcun problema di liquidità, non è mosso dalla volontà di investire la somma (che senso avrebbe poi crearsi della liquidità per investirla un mese?) ma esclusivamente da motivazioni di natura psicologica.
Purtroppo, nella gestione economica/finanziaria se prevale l’aspetto psicologico su quello dei numeri s’è destinati a fare la scelta errata.
Facciamo ora un altro ragionamento che può servire per chiarire meglio il concetto.
A fronte dei debiti v’è una egual misura di crediti.
Siamo debitori nei confronti di chi ci eroga quando otteniamo un mutuo, un finanziamento un prestito, ecc.
Siamo invece creditori nei confronti dell’emittente se siamo intestatari di un’obbligazione, o della banca se deteniamo un conto corrente, ecc.
Lo scambio tra debitori e creditori ha un costo per i primi ed un guadagno per i secondi.
In altre parole, alcune giornate lavorative dell’anno dei debitori saranno spese esclusivamente per pagare gli interessi passivi di debiti che in alcuni casi erano anche evitabili.
Non è piacevole la sensazione di lavorare per pagare degli interessi, e non ha senso se è possibile evitarlo in modo sereno (ripeto, senza finire con l’acqua alla gola).
Dal lato opposto, chi fornisce credito, fatta eccezione per i casi di insolvenza, incassa gli interessi innalzando il proprio reddito pur non aumentando le proprie ore lavorative (fenomeno che al momento è poco rilevante se si considerano gli attuali rendimenti molto contenuti).
In buona sostanza, alcune giornate dei debitori finiscono indirettamente ad essere pagate ai creditori.
Riccardo Fracasso
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