From the monthly archives: Giugno 2012

Nel novembre del 2011 il German council of economic experts (un gruppo di intellettuali tedeschi, nato nel 1963, col compito di fornire consigli di natura economica ai politici tedeschi) ha proposto lo European Redemption Pact (ERP).

La proposta prevede che tutti i debiti degli Stati dell’Area Euro eccedenti il 60% del PIL (attualmente ammontano a circa 2.300 miliardi) siano trasferiti nell’ERP, il quale provvederà a rifinanziarli emettendo obbligazioni.

Il nuovo debito (per rifinanziare quello trasferita nell’ERP) sarà quindi emesso a livello europeo e non dai singoli Paesi, riducendo notevolmente il rendimento per i Paesi più in difficoltà.

Questo fondo sarebbe garantito in solido da tutti gli Stati membri dell’Area Euro.

Ad ogni Stato membro sarebbe richiesto di:

  1. rimborsare il debito trasferito nel fondo entro 20-25 anni dalla sua creazione (il che implica l’impegno da parte dei singoli Stati di ridurre il debito trasferito al fondo di circa 1/20° l’anno);
  2. inserire nella costituzione un tetto al debito del 60%;
  3. dare in garanzia al fondo degli asset (riserve auree, riserve in valuta e beni da dismettere) pari ad un 20% del debito che andrà a depositare nell’ERP;
  4. finalizzare una parte delle tasse per ripagare il debito.

Il fatto che proprio in questi giorni il presidente del consiglio Monti parli di un piano di dismissioni, pur potendo essere una coincidenza, rafforza le possibilità che si stia realmente pensando di istituire l’ERP.

Nel caso in cui l’ipotesi diventasse realtà, gli Stati che detengono i debiti maggiori (primo fra tutti l’Italia) saranno quelli che godranno del grosso vantaggio di non dover rifinanziare a tassi altissimi la parte depositata all’ERP: come detto, sarà infatti compito dell’ERP quello del rifinanziamento.

V’è però un pesantissimo rovescio della medaglia: l’obbligo di estinguere il Fondo entro 20-25 anni (la vera differenza dagli Eurobond) e di imporre in costituzione un tetto al debito del 60% non può che significare l’attuazione di un piano di austerity molto più rigido di quelli già esistenti.

Già da qualche mese l’Italia ha introdotto nella costituizione il pareggio di bilancio entro il 2015, ora si inserisce anche il rientro del debito entro il 60% del Pil tra 20-25 anni; la disciplina dei bilanci può sembrare cosa saggia, ma nei periodi di crisi lo Stato dovrebbe poter aumentare la spesa e non ridurla, altrimenti, la Grecia insegna, la recessione si aggrava.

Nel caso in cui si seguisse tale strada, prepariamoci ad imposizioni fiscali sempre superiori ed a probabili pesanti patrimoniali, un contesto non certo ideale per avviare nuove imprese ed aumentare l’occupazione.

Ritengo che l’eventuale istituzione dell’ERP favorirebbe un gran bel rimbalzo dell’euro contro il dollaro, dei listini azionari di tutto il mondo (in particolare delle nazioni più colpite dalla crisi dell’Area Euro) e dei titoli di Stato emessi dai Paesi più in difficoltà, ma non risolverebbe certo i problemi.

Inoltre, è da capire se tale piano sarà attuato anche nel caso in cui le elezioni greche premieranno la coalizione pro-euro.

Riccardo Fracasso

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