Lo S&P 500 ha chiuso la seduta a 1.877 punti, registrando un +0,37%.

Il bilancio settimanale è pari ad un -0,03%.

Dell’andamento divergente col NASDAQ se n’è parlato la settimana scorsa.

Di seguito, invece, ripropongo il seguente grafico aggiornato dello S&P 500 su base settimanale:

Grafico nr. 1 - S&P 500

Grafico nr. 1 – S&P 500

Come potete osservare la settimana appena conclusa non si distingue dalle precedenti: con essa sono ben 11 settimane che il listino americano sta lateralizzando, non riuscendo a chiudere in nessuna di esse al di sopra dei 1.883 punti che, quindi, costituiscono un livello di assoluto rilievo.

Evidenziata la fase laterale in corso rivolgiamo la nostra attenzione a quelle passate:

Grafico nr. 2- S&P 500 - Fasi laterali con RSI settimanale in divergenza

Grafico nr. 2- S&P 500 – Fasi laterali con RSI settimanale in divergenza

Si osservi come nel passato le fasi laterali sui massimi visibili su grafico settimanale ed in divergenza con l’RSI (massimi decrescenti) hanno preceduto correzioni di un certo spessore.

Io escluderei correzioni del 20% (nel 2011 ci fu la crisi dell’Area Euro a causarla) ma il rischio di assistere ad un buon calo ci sono (molto dipenderà anche dalla capacità e dalla volontà della mano primaria di sostenere il mercato).

Calo peraltro in armonia con l’attuale fase di espansione del ciclo economico.

Nell’analisi tecnica è fondamentale la consapevolezza di non conoscere il futuro, e proprio questa limita il nostro lavoro di analisi ad individuare le aree di potenziale convenienza e di potenziale rischio.

Ciò premesso, ora siamo in una situazione di potenziale rischio; che poi il rischio si concretizzi effettivamente in un calo o in un nulla di fatto, quello lo sapremo solo col tempo.

Tuttavia, le inversioni di lungo termine (per intenderci, come quelle del 2000 e del 2007) necessitano di una fase distributiva visibile su grafico mensile che al momento non abbiamo.

In altre parole, il calo ipotizzato andrebbe comunque colto come un’occasione di acquisto (anche se in tal senso io preferirei puntare su indici che, come il nostro, rispetto a quelli americani hanno dato molto meno e che sarebbero peraltro maggiormente favoriti da un eventuale QE europeo).

Riccardo Fracasso

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