I primi e numerosi inviti a cogliere l’opportunità affollavano la rete già con lo S&P 500 a -8/10% dai massimi.
“Si tratta di saldi, affrettatevi”, il tutto corredato con statistiche che dimostravano come cali di circa il 10% fossero fisiologici.
Poi il minimo di febbraio (oltre -14% dai massimi) e la ripartenza ‘tempestivamente’ descritta dai più come prova della bontà del consiglio di qualche settimana prima.
A fine marzo, però, ulteriori vendite che portarono a un minimo decrescente (quasi -21% dai massimi).
Nel frattempo la rete è stata inondata da statistiche che evidenziano come alle precedenti recessioni hanno corrisposto cali medi dei listini di circa il 20-25% e che, quindi, è il caso di comprare.
Che le discese siano fisiologiche dei mercati è indubbio, com’è chiaro che acquistare a prezzi bassi sia buona cosa.
Tuttavia, è sempre bene valutare sia la situazione di partenza del calo (eccessi privi di precedenti storici) che quella attuale (pur ridimensionati, eccessi tuttora notevoli).
Ad ogni modo, concordo il suggerimento ai clienti di non lasciarsi guidare dall’emotività, sia nelle fasi di panico che in quelle euforiche (purtroppo durante quest’ultime scarseggiano gli inviti alla prudenza, a rimandare gli acquisti).
Recentemente ho rimarcato la differenza tra correzione e inversione, specificando che quella cui stiamo assistendo è la seconda (tema ampiamente approfondito e motivato, in particolar modo attraverso i check up).
La distinzione è importante perché nel primo caso la strategia operativa per chi investe è quella di acquistare sui cali, nel secondo è invece quella di sfruttare i rimbalzi per ridurre l’esposizione di asset volatili e poi stare in attesa.
In buona sostanza, a mio avviso il parziale recupero in corso rappresenta un’occasione d’uscita per chi non l’avesse ancora fatto.
In merito alla tesi secondo cui ci troviamo a prezzi di saldo, al di là del fatto che i principali indicatori dicono l’esatto opposto (rapporto capitalizzazione borsa americana e PIL, PE di Shiller, ecc.), sarebbe sufficiente dare uno sguardo agli stessi grafici che circolano in rete per esibire i recuperi, per capire invece dove ci troviamo:
Certo, nel frattempo il PIL è salito, ma l’apprezzamento della borsa americana è stato ampiamente sproporzionato alla crescita economica che, peraltro, poggia su un debito (mi riferisco in principal modo a quello privato) che potrebbe aver raggiunto un top di lungo termine.
Magari non si concretizzerà, ma è concreto il rischio che l’ingresso a questi prezzi (S&P 500 attualmente a 4.158 punti ), escludendo ragionamenti di breve termine, possa richiedere anni per poter anche solo rivedere il capitale investito.
La convinzione che negli ultimi decenni di forte rialzo molti investitori hanno maturato che ogni ingresso sulla borsa americana sia un buon ingresso, potrebbe essere disattesa.
L’efficienza della borsa americana potrebbe affievolirsi e richiedere maggior attenzione nella definizione del livello d’entrata rispetto al passato.
Tutti gli strumenti passivi che negli ultimi decenni hanno beneficiato di una forte presenza nel benchmark della borsa americana potrebbero esserne penalizzati.
In sintesi, mai come ora sarà utile l’ottimizzazione dell’entrata, la diversificazione e la gestione attiva.
L’invito, inoltre, è quello di costruire portafogli con una logica d’insieme, non di singoli investimenti scollegati tra loro.
Non scrivo con la certezza di conoscere il futuro, perché la mia unica granitica certezza è proprio quella di non conoscerlo; semplicemente, sono consapevole della possibilità che il bottom finale sia ancora distante.
Essere in grado di entrare sui minimi? improbabile/impossibile, almeno per quel che mi riguarda.
Essere in grado di intercettare valore inespresso destinato a emergere nel lungo termine? Possibile/probabile.
Quest’ultimo dev’esser l’obiettivo e richiede pazienza e sangue freddo quanto per l’ingresso tanto per il successivo mantenimento della posizione.
Riccardo Fracasso
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