Ne approfitto di questo articolo per spiegare nuovamente la mia metodologia operativa, non certo con la presunzione sia la migliore o che debba essere presa ad esempio da altri, ma con l’unico scopo di fornire la giusta chiave di lettura per comprendere le mie analisi.

Parto da tre cardini:

  • l’investitore è un ricercatore di valore;
  • la presenza di investimenti volatili trova un senso se le prospettive e le impostazioni sono positive, altrimenti si rischia di apportare al portafoglio volatilità e non rendimento;
  • l’obiettivo principale di un investitore dev’essere quello di non perdere il controllo di rischio del portafoglio.

In sintesi, perseguo il costante mantenimento del controllo del rischio di portafoglio e ricerco valore inespresso.

Lo stesso Warren Buffet, spesso preso come esempio di investitore di lungo termine, in alcun fasi di mercato riduce notevolmente la propria esposizione, tenendo strette solo le posizioni in cui scorge valore.

In passato non ha partecipato a mode seguite dalla massa, come quella tecnologica del 2000; qualcuno potrebbe affermare che abbia perso un’occasione, qualcun altro che ha evitato il successivo crollo… questione di punti di vista.

In ogni caso, la sua è tutt’altro che una gestione passiva, con rigide percentuali di esposizione e con la fedele replica del benchmark.

Tra gli investitori c’è chi una volta stabilita una percentuale di portafoglio destinata alla componente ‘aggressiva’ la rispetta replicando il benchmark, indipendentemente dal contesto, chi invece definisce un tetto massimo non necessariamente da raggiungere e entro il quale può collocare investimenti volatili, non per forza in linea col benchmark, ma in funzione della situazione.

Poi, in entrambi i casi, guardandosi indietro si possono trovare occasioni perse, ma ragionare col senno del poi non ha nulla a che vedere con l’operatività finanziaria.

Riccardo Fracasso

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