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Nell’attesa di segnali e di movimenti in grado di darmi la possibilità di fornirvi una solida lettura grafica sugli indici azionari, condivido alcune riflessioni in merito ai mercati.

A metà Febbraio abbiamo assistito a una violentissima ondata di vendite, innescata dall’esplosione del coronavirus.

Vendite avviatesi in un contesto che già presentava enormi eccessi, alcuni senza precedenti.

Il deciso recupero dai minimi di metà Marzo (quasi completo per quanto riguarda Stati Uniti e Germania, comunque notevole per altri Paesi), sconta una ripresa economica a V e la scomparsa del virus.

In merito all’economia, la prossima settimana saranno pubblicati i dati del PIL degli Stati Uniti e dell’Area Euro.

Le aspettative sono evidentemente molto negative, normale se si considera la chiusura forzata della maggior parte delle attività.

Solitamente i mercati salgono quando i dati sono migliori delle aspettative.

Ovviamente non posso sapere se i dati saranno migliori o peggiori rispetto alle rispettive attese, ma posso affermare che qualsiasi dato uscirà non potrà considerarsi scontato dagli attuali valori di mercato.

Anche tenendo conto che i mercati azionari solitamente anticipano l’economia, è difficile pensare in un’economia in grado di recuperare in pochi mesi i valori pre-covid.

Probabilmente nel terzo trimestre si uscirà dalla recessione, non dalla crisi.

Ribadisco, inoltre, un concetto già più volte espresso: la borsa americana, già prima del covid e di questa recessione, presentava una enorme sopravvalutazione.

Basterebbe quanto finora scritto per comprendere l’enorme scollatura tra economia reale e finanza.

Basterebbe, ma non è tutto.

C’è un altro aspetto che, a mio avviso, tornerà prepotentemente al centro dell’attenzione degli operatori: il virus.

A livello mondiale i dati sono i peggiori da quando ha avuto inizio la pandemia.

E’ vero che in alcuni Paesi, come fortunatamente il nostro, la situazione è decisamente migliorata, ma in altri la curva dei contagi, dei morti e dei ricoveri non ha mai ripiegato e, anzi, ha continuato a salire.

Negli Stati Uniti, per esempio, è stata avviata la cosiddetta Fase 2 quando i numeri legati al virus erano, come tuttora sono, in crescita.

Questo ha inevitabilmente accelerato il contagio.

Altrettanto inevitabilmente, molti Stati sono tornati in Fase 1 (ben 18, tra i quali i più importanti economicamente, sono attualmente considerati zona rossa).

E come per gli USA, anche altri Stati, o parti d’essi, sono tornati alla chiusura di molte attività.

In un simile contesto, la logica spinge a ritenere utopistico un recupero economico dei valori pre-covid in tempi stretti e, di riflesso, ottimistico il recupero in corso delle borse.

Riccardo Fracasso

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