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Lo S&P 500  ha chiuso la seduta a 2.328 punti, registrando un -0,68%.

Il bilancio settimanale è pari ad un -1,13%.

Ad inizio Marzo si scriveva così:

“Pur essendo assenti segnali concreti, la convergenza della mediana della Forchetta col Pivot annuale R1 (2.406 punti) rende l’Area raggiunta un ostacolo molto duro.”.

Grafico:

S&P 500 – Area 2.400 punti

 

In effetti, l’area 2.400 si è rivelata essere un ostacolo forte che ha innescato le prime vendite favorendo una sequenza di massimi decrescenti caratteristica di una tendenza ribassista.

Troppo poco per parlare di correzione significativa, ma qualche conferma in tal senso la si avrà con l’eventuale discesa al di sotto dei minimi di Marzo (2.322), ormai ad un passo.

Si ricorda, infatti, come il minimo del mese in cui è stato segnato il massimo (Marzo, per l’appunto) rappresenta un riferimento importante, utilizzabile, in presenza di rialzi importanti, come livello di stop.

Anche sul Nasdaq (il cui peso è cresciuto di anno in anno fino a divenire determinante) si evidenzia quantomeno una situazione di allerta:

NASDAQ

Da Marzo si è consolidata l’area di resistenza intorno a 5.910 punti dalla quale sono partite le recenti vendite.

Anche per il listino tecnologico l’eventuale rottura del minimo di Marzo (ipotesi che indico come probabile, seppur sia preferibile attendere la sentenza del mercato) rappresenterebbe un segnale di debolezza; d’altro canto, la capacità del Nasdaq di rompere convintamente l’area di resistenza andrebbe invece letta come una chiara indicazione di forza.

Riccardo Fracasso

 
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