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Ieri sera Powell ha annunciato il quarto rialzo consecutivo dei tassi dello 0,75%, portandoli a 3,75-4%.

Annuncio ampiamente atteso, a tal punto che l’interesse era rivolto principalmente al comunicato che, come da prassi, accompagna la decisione.

Il presidente della Banca Centrale americana ha affermato che è “prematuro pensare ora a quando fermare i rialzi dei tassi d’interesse” e che “la velocità dei rialzi ora è meno importante. Più importante del passo dei rialzi è il livello a cui devono salire i tassi”.

Powell ha inoltre specificato che un aumento inferiore allo 0,75% potrebbe essere deciso “alla prossima riunione o in quella successiva”.

In buona sostanza, un ritmo più lento ma la possibilità di un pivot anche superiore alle aspettative.

Per quanto riguarda il mercato obbligazionario, tassi (seppur lievemente) superiori a quelli scontati non sono positivi, anche se ritengo che d’ora in avanti il driver per questo asset sarà rappresentato dai fondamentali economici: eventuali cattive notizie per la crescita (in primis disoccupazione) e buone per l’inflazione ridimensionerebbero i margini di rialzo dei tassi favorendo i bond.

D’altra parte, invece, a mio avviso qualsiasi decisione non avrebbe cambiato la tendenza ribassista di fondo del mercato azionario (rappresentativo dell’economia).

Anteporre l’inflazione significa adottare interventi restrittivi con decise ripercussioni sulla crescita economica.

Anteporre, invece, l’economia avrebbe significato lasciar correre l’inflazione con conseguenze che comunque col tempo sarebbero state persino maggiori sulla crescita economica.

Tra le due strade la FED ha scelto da tempo la prima, valutando più pericoloso lo scenario con un’inflazione ancor più fuori controllo.

Concordo la decisione e, semmai, l’errore sta nel grave ritardo con cui si è avviata la politica restrittiva, ipotizzando un’inflazione transitoria e volendo evitare una recessione che adesso, invece, in qualche modo si cerca.

È chiaro che il desiderio sarebbe quello di un’atterraggio morbido, ma lo stesso Powell ha affermato che “la finestra per un soft landing si è ristretta”.

E se lo dice lui…

Riccardo Fracasso

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