Nell’ultima analisi sul cambio Euro-Dollaro (che vi invito a rileggere: Euro-Dollaro: nuovo allungo), si concludeva così:
“Tornando all’aspetto grafico ed alla stretta attualità, sempre all’interno di un’impostazione di fondo rialzista (per l’euro), i possibili sviluppi di breve sono due:
- correzione da area 1,25-1,27 per scaricare l’ipercomprato su base giornaliera e settimanale;
- ulteriore sforzo al rialzo finalizzato a portare i prezzi oltre la trendline di massimi crescenti, per poi smaltire l’ipercomprato con un pull back.”.
A distanza di oltre 3 mesi e mezzo abbiamo assistito alla prima delle due ipotesi.
E’ bene valutare se il deciso apprezzamento del dollaro cui abbiamo assistito abbia o meno intaccato il trend primario rialzista del cambio avviatosi dai minimi di Gennaio 2017 (freccia verde):
Nel ricordare come un trend rialzista sia articolato in una serie di allunghi intervallati da salutari correzioni, si osservi come al momento la sequenza di minimi e massimi crescenti resti intatta.
Inoltre, le vendite hanno portato i prezzi proprio a ridosso del ritracciamento di Fibonacci del 38,2%, in area 1,1709.
Si giunge all’appuntamento con qualche eccesso su base giornaliera.
Ad oggi non si registra alcuna reazione da tale area, ma ciò non esclude possa concretizzarsi a breve.
In caso contrario (quindi cedimento), il target successivo è rappresentato dal ritracciamento di Fibonacci del 50% (area 1,1448) peraltro convergente con la parte superiore del range laterale evidenziato sul grafico.
Così fosse, si indebolirebbe la forza del trend, ma resterebbe comunque credibile l’ipotesi che si stia assistendo ormai da tempo ad una inversione di lungo termine favorevole all’euro.
Sempre osservando il grafico è possibile osservare come i prezzi continuino a muoversi all’interno di un canale di lungo termine ribassista; ciò potrebbe indurre a credere che il rialzo in corso da Gennaio 2017 sia stato l’ennesimo rimbalzo all’interno una tendenza di fondo comunque discendente.
Ipotesi lecita, ma che comunque presenta alcuni punti deboli:
- tale movimento si distingue dai precedenti perché nasce da una fase accumulativa (cornice blu) di circa due anni e mezzo che porta a pensare, pur non offrendo certezze, che sia stata consumata con obiettivi ben più ambiziosi di quello di esaurirsi all’interno del lunghissimo canale ribassista;
- Il recente recupero del dollaro è legato, oltre alla necessità di scaricare gli eccessi, anche ad aspettative di un numero di rialzi dei tassi FED nel 2018 superiori rispetto a quelli attesi qualche mese fa (da 2-3 a 3-4). Tale aspetto è importante, ma non va dimenticato che la banca centrale americana continua tuttora a parlare di rialzi graduali. Difatti, l’inflazione, seppur in rialzo, non indica alcuna necessità di raffreddamento economico ma, semmai, finanziario. Inoltre, ogni singolo aumento dei tassi comporta un costo molto salato per un Paese che presenta un debito complessivo elevatissimo, soprattutto privato (peraltro in maggior parte contratto a tasso variabile), dove il numero di insolvenze è in continua crescita.
- La svalutazione del dollaro è coerente con la politica protezionista di Trump;
- Da circa un anno la Cina ed il Giappone (i più grandi creditori degli Stati Uniti) hanno modificato una strategia che durava da decenni: mentre in passato si indebitavano per acquistare tresury, da circa un anno vendono i titoli di stato americani per rallentare il proprio ricorso al debito.
Ovviamente non s’ha la pretesa di prevedere eventi futuri che sfuggono al nostro potere (come decisioni monetarie da parte dei vari Paesi), ma con questa analisi s’è semplicemente voluto descrive il quadro attuale che, nel caso di cambiamenti, illustreremo diversamente.
Riccardo Fracasso
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