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Come ben saprete, ieri ha preso il via il vertice dell’UE a Bruxelles.

Da un lato i Paesi che attualmente pagano rendimenti molto bassi (Germania, Olanda e Finlandia) e che sostenevano unicamente il piano per la crescita di 120 miliardi.

Dal lato opposto gli altri Stati dell’Area Euro che oltre al piano di crescita puntavano soprattutto alla creazione di uno scudo anti-spread.

Il braccio di ferro ha visto la ‘vittoria’ di quest’ultimi.

Finora eravamo abituati ad osservare la rigidità della Merkel, ma da questo vertice è finalmente emersa un pò di decisione anche da parte di Monti (Italia) e Rajoy (Spagna), i quali devono aver capito che possono far leva sul fatto che la Germania sarebbe lo Stato che avrebbe più da perdere nel caso di spaccatura dell’Area Euro.

Molto positiva la fermezza di Italia e Spagna, ma sarà sempre bene tener presente che la corda è comunque fine e che in ogni istante potrebbe rompersi.

In parole semplici, potrebbe anche arrivare il giorno in cui i tedeschi non saranno più disposti ad accettare compromessi (Eurobond?) optando per un’uscita dall’Area, pur sapendo che sarebbe per loro una scelta dolorosissima.

Torniamo allora allo scudo anti-spread.

Lo scudo anti-spread è un meccanismo che sarà attivato esclusivamente su richiesta da parte dei singoli Stati e consiste nel fatto che , nel caso in cui i rendimenti del Paese interessato supereranno un determinato livello (ancora da stabilire), saranno utilizzate le risorse del Fondo Salva Stati (EFSF) ora e successivamente quelle del Fondo permanente (ESM) per acquistare i titoli di stato interessati.

Tutti i dettagli saranno specificati alla prossima riunione dell’Eurogruppo (9 luglio).

Molto positivo che lo scudo anti-spread non sia condizionato da aggiuntivi piani di austerity.

Monti ha sottolineato che l’Italia non ha “in questo momento l’intenzione di avvalersene”.

Con lo scudo anti-spread, quindi, uno Stato può ottenere un potenziale tetto ai propri rendimenti.

Proprio la presenza di un tetto offre maggiori garanzie agli investitori, i quali dovrebbero ridurre la propria esposizione dai titoli emessi dai Paesi più solidi (BUND), a favore di quelli più deboli.

Il limite dell’operazione coincide però col limite delle risorse dell’EFSF e dell’ESM.

Ieri è stato anche stabilito che l’ESM potrà finanziare direttamente le banche dell’Area Euro, nel momento in cui sarà stabilito un meccanismo unico di supervisione, con il coinvolgimento della Banca Centrale Europea.

In sintesi, le limitate risorse dei Fondi Salva Euro dovranno essere utilizzate per:

  • finanziarie gli Stati che chiedono aiuti (finora  la Grecia, l’Irlanda ed il Portogallo);
  • alimentare lo scudo anti-spread;
  • ricapitalizzare le banche dell’Area Euro in difficoltà.

Tutto ciò è risaputo dai membri dell’Eurogruppo.

Proprio per questo motivo, a mio parere, lo scudo anti-spread non è nato con la pretesa di tenere sotto controllo i rendimenti dei Paesi più in difficoltà attraverso le limitate risorse dei due Fondi Salva Euro, ma con lo scopo di infondere  fiducia al mercato sperando che siano gli stessi investitori, con i propri acquisti, a sostenere il mercato del debito.

Dopo un probabile periodo di tregua in cui tutti i problemi sembreranno risolti, arriverà il momento in cui la maggior parte degli investitori farà il mio stesso ragionamento ed a quel punto la situazione riprenderà ad incupirsi.

In buona sostanza, lo scudo anti-spread non è un intervento risolutivo ma l’ennesima toppa che serve per guadagnare tempo.

Riccardo Fracasso

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