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Partiamo con la notizia buona, o almeno apparentemente positiva: ieri i ministri delle Finanze della zona euro ed il Fondo monetario internazionale hanno approvato  l’erogazione dell’ultima tranche (8 mld di euro) del pacchetto di aiuti da 110 mld concordato alla Grecia nel maggio 2010. 
Mi domando: come si può dar per certo che il secondo piano di aiuti a favore della penisola ellenica, il cosiddetto Piano Marshall per la Grecia, concordato il 21 luglio di quest’anno, sarà effettivamente attuato, se persino l’erogazione delle rate del precedente pacchetto di aiuti, stabilito quasi un anno e mezzo fa, è stata messa in seria discussione? 
 
Ora la notizia negativa: causa complicazioni per raggiungere un’intesa, al vertice dell’UE previsto per domani ne seguirà uno ulteriore mercoledì prossimo.
Sembra che a richiederlo sia stata la Merkel, anche per idee diverse con quelle francesi.
Strano, visto che non più tardi del 10 ottobre Sarkozy affermava ‘Noi siamo completamente d’accordo. Francia e Germania hanno posizioni assolutamente allineate su tutti gli aspetti della crisi e sappiamo perfettamente quale strada vogliamo percorrere… ‘.
Vorrei evidenziare che è su voci di questo tipo che i mercati azionari sono saliti nell’ultimo mese.
Magari i listini continueranno a salire fino alle stelle, ma il recupero in corso, alla luce di quanto finora scritto, si può considerare affidabile?
 
In merito al secondo incontro Junker, presidente dell’Eurogruppo, ha detto che ‘l’Unione Europea sta dando un’immagine disastrosa di sè’.
Come dargli torto.
Inoltre, lo stesso Junker ha sostenuto che  ‘alla riunione dell’Eurogruppo ci siamo messi d’accordo per dire che dovrebbe esserci un aumento sostanziale del contributo degli istituti di credito’.
Da quel che sembra, verrà proposto di alzare il contributo dal 21% (deciso il 21 luglio) al 50%. 
Allo stesso tempo è stato detto che le banche dovranno accettare di subire perdite sostanziali rispetto al valore nominale dei titoli di stato della Grecia, presenti in portafoglio.
In sintesi, sembra (non v’è certezza o perlomeno non ce l’ho io) che quello che le autorità definiscono contributo delle banche, nel concreto sia la rinuncia di parte del credito.
Ai fini pratici, se tale ipotesi fosse confermata, si tratterebbe di un autentica rinegoziazione del debito, che altro non è che un default.
 
 
Riccardo Fracasso
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