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Inizialmente fu coniato l’acronimo dispregiativo PIGS, per riferirsi a quei Paesi appartenenti alla zona Euro, le cui condizioni economiche destavano maggiori preoccupazioni.
L’ordine scelto per costruire l’acronimo non era assolutamente casuale: PIGS, per chi non ha confidenza con l’inglese, significa ‘maiali’.
Ben presto, purtroppo, PIGS divenne PIIGS, con l’aggiunta di una ‘I’ rappresentante proprio la nostra Italia.
Le preoccupazioni per questi Paesi, purtroppo, si rilevarono ben fondate: ben 3 Stati (Grecia, Irlanda e Portogallo) su 5, ad oggi, si sono ritrovati costretti a chiedere aiuti, che furono accordati.
Quando circa un anno fa, la Grecia, per prima, chiese ed ottenne aiuti, ricordo bene molti politici, esperti e non, affermare che si sarebbe trattato di un caso isolato e che sarebbe stato risolto con i contribuiti dell’UE (Unione Europea) e del FMI (Fondo Monetario Internazionale).
Ebbero doppiamente torto: il caso non rimase l’unico e gli aiuti non risolsero il dramma greco.
Certo, gli aiuti hanno permesso di evitare, per il momento, il fallimento ma il debito è cresciuto, le difficoltà per onorare le scadenze sono divenuti enormi e lo Stato è in pesante recessione.
Il pessimismo attualmente è tale che, in questi, giorni si è messa in discussione persino l’erogazione della quinta tranche di 12 miliardi del pacchetto già varato un anno fa!
A novembre 2010 toccò all’Irlanda chiedere soccorso.
Anche in tal caso le solite dichiarazioni: ‘non vi saranno altri casi’ e ‘gli aiuti risolveranno ogni problema’.
Pure stavolta le dichiarazioni furono smentite dai fatti: il caso non fu l’ultimo e la situazione economica irlandese tuttora continua a preoccupare, anche se il fatto che i fari siano attualmente puntati sulla Grecia, fa si che non se ne parli.
A maggio di quest’anno fu la volta del Portogallo, che chiese di esser salvata.
Qualcuno ora se la sentirà di affermare che il Portogallo sarà l’ultimo Stato della zona Euro a chiedere aiuti?
O qualcuno affermerà che gli aiuti accordatigli saranno sufficienti per salvarla?
Personalmente ho la certezza che la Grecia fallirà (con ristrutturazione del debito) e molto probabilmente anche l’Irlanda anche se in tempi diversi.
Il Portogallo, forse.
Sul fatto che nei prossimi anni non vi saranno altri Paesi a chiedere aiuti ho molte perplessità e ve ne spiego il motivo.
L’eventuale (probabile) fallimento della Grecia metterebbe in crisi molti creditori, rappresentati per lo più da Paesi (in primis la Germania) e banche.
Insolvenze di tale entità causerebbero crisi di liquidità per gli istituiti finanziari interessati, che, si vedrebbero costrette a diminuir ancor più il loro ruolo di enti creditori.
Di conseguenza, peggiorerebbe la già difficile situazione delle piccole medie imprese, quelle non quotate, che non avendo visibilità devono raccogliere denaro esclusivamente dalle banche.
Ecco come un Paese con un PIL pari ad appena il 2% dell’UE possa contribuire in modo significativo alla crisi di un’intera economia.
Una simile situazione ridurrebbe drasticamente le entrate fiscali dei vari Stati e causerebbe un peggioramento ulteriore dei conti pubblici.
In tale contesto, escludere con certezza default o ulteriori richieste di aiuto, lo trovo tanto utopistico quanto dannoso.
Utopistico per i motivi sopracitati, dannoso, perché, esser forzatamente ottimisti, bendandosi gli occhi di fronte alla realtà, nella finanza punisce.
E’ notizia di venerdì scorso (17 maggio) che Moody’s abbia annunciato di valutare la possibilità di declassare il rating dell’Italia attualmente a AA2.
Le motivazioni alla base di tali preoccupazioni, come spiega l’agenzia statunitense, sono dovute a debolezze strutturali del nostro Paese e ad una probabile crescita dei tassi d’interesse.
Ciò che preoccupa è che tali notizie aumentano i rendimenti delle obbligazioni e quindi il costo del debito, già cresciuto ultimamente a seguito del recente rialzo dei tassi deciso dalla BCE; l’aumento del costo del debito è dannosissimo, ovviamente, per quei Paesi con i debiti più alti, ed il nostro è il terzo al mondo per entità.
Come si può vedere i mesi passano ma i problemi invece di diminuire crescono, e mentre Grecia, Irlanda e Portogallo rappresentano insieme il 6% del PIL dell’UE, l’Italia da sola ne rappresenta il 17%!
Riccardo Fracasso
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