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Circa un anno fa (2 maggio 2010) fu varato un pacchetto di aiuti di 110 miliardi di euro (da erogare in più tranche) a favore della Grecia, per fronteggiare le enormi difficoltà che incontrava nel reperimento di denaro direttamente dal mercato.

Molti esponenti politici, spinti dalla necessità di evitare il panico, affermarono che tale intervento avrebbe risolto tutti i  mali della penisola ellenica.
 
Molti investitori, spinti invece dal desiderio d’esser ottimisti, presero per buone queste affermazioni.
 
Distorcere la realtà, soprattutto nel settore della finanza, non porta mai a buoni risultati.
La  situazione era assai più complicata, come scrissi nel Check up del 21 maggio 2010.
 
Gli aiuti, innanzitutto, non erano regali ma prestiti da restituire all’emittente a scadenze precise.
 
In secondo luogo, il pacchetto fu varato a fronte di un impegno da parte della Grecia per ridurre notevolmente le spese, con drastici tagli della spesa pubblica, proprio nel momento in cui invece servivano (e tuttora servono) risorse per stimolare l’economia.
 
E così abbiamo assistito ad una nuova violenta accelerazione ribassista  del PIL greco.
 
Il seguente grafico considera l’andamento del PIL reale dal 2000 alla fine del 2010:
 
 
E’ possibile notare come le condizioni economiche greche,  nonostante gli aiuti, non solo non siano migliorate ma siano persino crollate.
 
In buona sostanza, se la Grecia non taglia le spese fallisce ma, allo stesso tempo, se le riduce  (come sta facendo attualmente)  toglie benzina alla macchina dell’economia, con conseguenti minori entrate fiscali e peggioramento del debito.
 
E’ un po’ la storia del cane che si morde la coda.
 
Comunque sia, l’epilogo è segnato ed i rendimenti dei titoli greci a due anni balzati  al 28% annuo ne sono la conferma.
 
Riccardo Fracasso
 
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