E’ tangibile in queste ultime settimane la preoccupazione che il provvedimento del prelievo forzoso adottato a Cipro possa essere attuato anche in Italia, per cui, ritengo utile fare chiarezza evidenziando alcuni punti:
- il provvedimento deciso a Cipro è condizione legata alla richiesta di salvataggio fatta all’Unione Europea;
- la richiesta di aiuti s’è resa necessaria per ristrutturare parte del sistema bancario (Laiki e Banca di Cipro);
- il settore bancario cipriota, confrontato alla levatura dell’economia, risultava enormemente sovradimensionato (circa 8 volte il PIL) perché le banche interessate, trasformandosi come degli autentici paradisi fiscali, hanno attirato enormi capitali dalla Russia;
- il prelievo forzoso non ha colpito tutti gli istituti di Cipro, ma esclusivamente quelli delle banche interessate dalla ristrutturazione (ripeto, Laiki e Banca di Cipro) e limitatamente alle eccedenze dei depositi oltre i 100 mila euro.
Fermo restando che nessuno può escludere con certezza che in altri Paesi possano essere imposti Piani e condizioni diversi da quelli adottati a Cipro, volendo ipotizzare per il nostro Paese l’imposizione da parte dell’Unione Europea di un identico Piano e per gli stessi motivi, l’Italia dovrebbe richiedere un salvataggio per ristrutturare un sistema bancario sovradimensionato, in cui alcune banche, diventate dei paradisi fiscali, sono sull’orlo del fallimento.
Per quanto concerne la richiesta di salvataggio, al momento il livello attuale dei rendimenti (alto ma su livelli ancora sostenibili) non porta a supporre una richiesta immediata di aiuti; d’altro canto, però, la storia insegna (estate 2011) che sono sufficienti poche settimane se non addirittura giorni per ritrovarsi i rendimenti e lo spread alle stelle.
Insomma, sotto questo punto di vista e nella situazione attuale le probabilità di richiedere un salvataggio sono contenute, ma potrebbero schizzare all’improvviso.
In futuro, personalmente, prevedo che l’Italia si vedrà costretta a chiedere soccorso, anche se al momento, ripeto, non ve ne sono i motivi.
Per quanto riguarda il settore bancario, non se la passa benissimo e la sua fragilità è legata soprattutto al forte legame che qualsiasi istituto bancario ha con l’economia del proprio Paese e dei titoli di Stato che quest’ultimo emette.
In altre parole, il nostro settore bancario, con ogni probabilità, se operasse in Germania sarebbe più solido di quello tedesco.
Tuttavia, così non è, e ci sono elementi che lo rendono vulnerabile.
Sussistono comunque due differenze sostanziali da quello cipriota: i livelli di sovradimensionamento nemmeno si avvicinano a quelli di Cipro e, aspetto più importante, non rappresenta un paradiso fiscale per capitali esteri di dubbia provenienza.
Quest’ultima è la differenza più importante.
Il motivo principale che ha spinto l’UE a chiedere a Cipro di colpire i conti più cospicui è la consapevolezza che la quasi totalità di essi è collegata all’attività criminale estera.
Il nostro Paese non è certamente un paradiso fiscale, per cui, uno degli elementi più importanti che ha portato l’UE ad imporre una misura così drastica a Cipro, da noi non sussiste.
Ad ogni modo, volendo ugualmente ipotizzare l’attuazione del ‘modello Cipro’ in Italia, va innanzitutto ripetuto ancora una volta che il prelievo forzoso ha colpito esclusivamente le eccedenze dei conti corrente oltre i 100 mila euro (peraltro delle sole due banche oggetto di ristrutturazione).
In altre parole, chi temesse l’identica applicazione del provvedimento adottato a Cipro, dovrebbe aver paura solo se intestatario di un conto corrente superiore ai 100 mila euro, e già questo dovrebbe far tirare un sospiro di sollievo a molti.
Nel caso di conti che superino tale soglia, ammessa e non concessa la futura applicazione del ‘modello Cipro’ al nostro settore bancario, per sfuggire al prelievo sarebbe sufficiente investire l’eccedenza (gli investimenti sono comunque soggetti al imposta sul deposito) o ripartire la liquidità in più conti con importi che non superino i 100 mila euro.
Si sta comunque parlando di contromisure per sfuggire all’ipotetica applicazione del modello Cipro in Italia.
Ciò che voglio dire è che:
-
al momento, a mio avviso, non sussistono le condizioni per una misura così drastica;
-
nell’eventualità in cui l’Italia dovesse in futuro chiedere un salvataggio, non è detto che le condizioni imposte dall’Unione Europea non possano essere diverse (patrimoniali, innalzamento tasse, prelievi forzosi diversamente strutturati, ecc.).
Mi auguro che le reazioni a quanto successo a Cipro siano servite da lezione per le organizzazione internazionali per capire che misure simili generano sfiducia, e senza fiducia ogni sistema, anche il più sano, non regge; tuttavia le istituzioni internazionali (BCE, UE ed FMI) negli ultimi anni non sembrano aver imparato dai propri errori.
Riccardo Fracasso
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