La scorsa settimana si era evidenziato l’impressionante aumento delle richieste di sussidi di disoccupazione americane, passate da 282.000 a 3.307.000, più che decuplicate.
Se il dato v’era (giustamente) parso impressionante, sappiate che è stato raddoppiato: 6.648.000:
Dati mai nemmeno avvicinati negli ultimi 50 anni.
Per quanto faccia impressione il divario rispetto all’intera serie storica, sotto un certo punto di vista tutto ciò risulta normale se si pensa che in passato avevamo assistito a crisi anche importanti, ma mai ad eventi in cui gran parte delle attività erano state bloccate per ordinanze governative.
In altre parole, il messaggio che si vuol trasmettere, seppur ovvio, è che si sta vivendo una situazione senza precedenti.
Il blocco quasi totale dell’economia per una pandemia è qualcosa di nuovo, di certo non confrontabile con un atto terroristico (che ha impatti limitati e di breve termine sul sentiment del mercato, ma pressoché nulli sull’economia), una guerra (che, a parte rare eccezioni, il più delle volte rappresenta una leva per la ripresa), e nemmeno col crac di una banca sistemica come la Lehman.
Qui non si tratta di un calo del fatturato dovuto ad una riduzione della domanda e della stretta creditizia (ciò che avviene in una crisi normale) ma, in svariati casi, di un azzeramento del fatturato per il blocco dell’attività.
E tale discorso ovviamente non vale solo per gli Stati Uniti ma nella maggior parte dei Paesi, seppur in misure diverse e in tempi un pò diversi.
Tutto ciò si tradurrà in un crollo del PIL (violenta recessione), una impennata della disoccupazione, un deciso aumento degli ammortizzatori sociali e, infine, in un forte rialzo del debito.
Ovviamente ci si augura che tale situazione sia il più breve possibile, ma in ogni caso se ne verrà fuori con Paesi molto più indebitati, ed il debito sarà monetizzato attraverso l’emissione di nuovo denaro (aspetto che favorisce l’oro).
Riccardo Fracasso
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