Negli ultimi giorni è tornato d’attualità la questione ‘tetto debito USA‘, problema del quale non si sentiva parlare da qualche anno ma, che di tanto in tanto si ripresenta.
Rinfreschiamoci la memoria attraverso un passaggio di un articolo che pubblicai nel maggio del 2013:
“Per chi non ne fosse a conoscenza negli Stati Uniti esiste una legge che impone un tetto (statutory limit on the public o debt ceiling) oltre il quale il governo non può indebitarsi; tuttavia la storia americana insegna che tale limite è stato ripetutamente e costantemente innalzato con una nuova legge che sostituiva la precedente.”
Col passare degli anni, però, è sempre più difficile giungere ad un accordo tra repubblicani e democratici per modificare tale legge.
Nel 2011 è stato raggiunto un accordo solo all’ultimo, così pure nel 2013.
Molti tra voi ricorderanno, nel 2011, lo storico declassamento che l’agenzia S&P inflisse agli Stati Uniti (da AAA a AA+), proprio per le difficoltà d’intesa.
Da Marzo gli Stati Uniti si ritrovano ad aver superato nuovamente il tetto del debito ma, grazie al ricorso delle cosiddette ‘misure straordinarie’, il Dipartimento del Tesoro ha ottenuto la proroga di 6 mesi.
Ma il tempo passa e nel frattempo non è stato fatto alcun passo in avanti e, manca un solo mese (la scadenza precisa è il 29 Settembre) entro il quale dovrà essere raggiunto un accordo per innalzare il debito, pena lo shutdown.
Col termine shudown (letteralmente ‘Chiusura’) si intende l’arresto dello Stato, con la chiusura degli uffici governativi ed il totale blocco delle spese non essenziali.
L’ultimo shutdown si verificò nel 2013 (Obama), ma per trovare il penultimo bisogna tornare al 1995-1996 (Clinton).
Ciò spiega l’eccezionalità di un evento che, però, negli ultimi anni sta rischiando di diventare una spiacevole abitudine.
In entrambi i casi durò poche settimane, ma ciò non toglie che cambiare rotta solo a pochi metri da un iceberg non appare un’idea brillante e non sempre può avere un lieto fine.
E’ bene sapere che un’intesa in merito all’innalzamento del tetto implica necessariamente un accordo di massima sul programma di spesa, ed è proprio su questo aspetto che negli ultimi anni è sempre più difficile trovare un punto di incontro.
Figuriamoci ora, con presidente un certo Donald Trump che, tanto per citarne una, ha recentemente affermato di non voler arretrare di un millimetro dall’intenzione di inserire nel bilancio l’uscita per costruire il muro col Messico, spesa non appoggiata nemmeno da una parte consistente del proprio governo.
Per quanto l’attuale presidente rappresenti una variabile piuttosto imprevedibile, credo che alla fine si giungerà ad un accordo, ma con ritardo, magari dopo qualche giorno/settimana di shutdown, e nel frattempo il sentiment sul mercato potrebbe essere cambiato notevolmente.
Facile indicare tra i principali market mover delle prossime settimane la vicenda relativa al tetto del debito, che sarà messa sempre più in risalto dai media con l’avvicinarsi del 29 Settembre.
Riccardo Fracasso
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