Costo del lavoro: l’alternativa alla svalutazione della moneta
Nel precedente articolo s’è detto come nell’Area Euro, con l’avvento della moneta unica, è venuta meno quella valvola di sfogo rappresentata dalla svalutazione della moneta dei Paesi economicamente più deboli (per esempio l’Italia) rispetto a quelli più forti (per esempio la Germania).
S’è inoltre sottolineato che la svalutazione di una moneta rende più convenienti i beni prodotti da un Paese, favorendone le esportazioni e la ripresa.
I Paesi dotati di propria valuta che cadono in recessione generalmente si ritrovano con una situazione di accresciuta competitività dovuta, per l’appunto, ad un cambio più favorevole;
E’ proprio da questa rinnovata competitività che un Paese in crisi solitamente fa leva per ripartire.
Tale leva, ripeto, con l’Euro è venuta a mancare.
In tale situazione la crisi dei Paesi membri in difficoltà si avvita fino a creare essa stessa una nuova leva per ripartire.
Nel contesto attuale i Paesi più deboli dovrebbero ritrovare competitività attraverso un deciso calo del costo del lavoro che consente alle aziende esportatrici di avere il margine necessario per offrire i propri prodotti a prezzi molto attraenti.
Estremizzando il concetto, si può affermare che il costo del lavoro è formato dal salario e dalla componente fiscale annessa (cuneo fiscale).
In una fase in cui sono in vigore rigidi Piani di Austerity (tanto più per i Paesi più in crisi) è impensabile sperare nella riduzione del cuneo fiscale (semmai succede il contrario), per cui, il calo del costo del lavoro si può ottenere esclusivamente attraverso il calo dei salari.
Personalmente sono molto critico nei confronti di una ripresa che fa perno sul calo dei salari perché è esso stesso un fenomeno recessivo poichè i lavoratori sono anche consumatori che contribuiscono nella formazione della domanda e, quindi, se si riducono le loro entrate si riduce di pari passo il consumo interno.
Inoltre, la logica vuole che se la recessione dovesse protrarsi fino ad un deciso calo dei salari, nel momento in cui ci sarà ripresa il Paese avrà un sistema produttivo impoverito (alcune aziende infatti si saranno ridimensionate, altre saranno fallite ed altre ancora si saranno trasferite all’estero) e che ha ben poco da offrire, ci sarà un ceto medio molto scarno ed un Welfare (occupazione, istruzione, ecc.) pessimo.
Tuttavia, esistono livelli di svalutazione dei salari (un 20-25%) raggiunti i quali, solitamente, ciò che resta dell’economia si riprende.
Per di più, la storia insegna che sia fisiologico che una crisi a circa 5 anni dal suo nascere lasci spazio ad un’inversione o quantomeno ad un recupero momentaneo (per es. il settore immobiliare americano ha iniziato a dare i primi segnali di difficoltà nel 2006 per poi crollare e successivamente risalire notevolmente proprio a partire dal 2011).
Tornando alla ripresa economica di un Pese, ovvio che se si riparte da tanto in basso, per molti anni sarà utopistico sperare anche solo di avvicinarsi ai precedenti livelli di benessere e di splendore.
Ovvio inoltre che una ripresa che fa leva sul calo drastico dei salari corra il rischio di essere solo temporanea, specie se non accompagnata da una crescita globale.
Inoltre, la competitività non dipende solo dal costo del lavoro, ma da un insieme di fattori che di concerto mettono nelle condizioni un Paese di essere attraente o meno.
Tra i vari elementi, infatti, oltre alla valuta ed al costo del lavoro, vi sono anche la capacità produttiva del tessuto economico, le infrastrutture, l’istruzione, un ceto medio numeroso, una pressione fiscale contenuta, una burocrazia snella, la qualità della vita, la presenza nel territorio di materie prime, una burocrazia snella, ecc.
Bene, nel caso in cui l’economia dovesse attendere un deciso calo del costo del lavoro prima di ripartire, nel frattempo la gran degli elementi appena citati, che ripeto incidono essi stessi sulla competitività, avranno subito un notevole ridimensionamento.
D’altra parte, con l’assenza di una valuta da svalutare, in un contesto di crisi globale, in regime di Austerity e fino a quando la BCE non si deciderà di emettere moneta, l’unica strada per assistere ad una discreta ripresa economica passa attraverso un deciso calo dei salari.
Riccardo Fracasso
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