From the monthly archives: Settembre 2014

L’analisi tecnica è una di quelle materie che da sempre ha spaccato in due l’opinione delle persone: da una parte chi la ritiene efficace e dall’altra chi, invece, la considera del tutto inutile.

Negli ultimi anni ho avuto modo di constatare un crescente scetticismo.

Anche volendo considerare esclusivamente l’opinione di chi lavora nel campo finanziario, ho avuto modo di leggere articoli o ascoltare direttamente persone (il mio lavoro mi porta frequentemente a contatto con altri professionisti del settore  finanziario) sostenere che l’analisi tecnica ha perso ogni utilità.

Desidero esprimere il mio parere a riguardo.

Innanzitutto va ricordato un concetto peraltro ovvio: l’obiettivo di qualsiasi tipo di analisi, non solo quella tecnica, non è quello di predire con certezza il futuro, ma di individuare lo scenario più probabile.

Per cui, chiunque giudicasse l’analisi tecnica in funzione della sua infallibilità finirebbe per nutrire aspettative eccessive che, inevitabilmente, prima o poi lo porterebbero alla delusione.

Per quanto incredibile crederci, tale errore di valutazione è commesso anche da alcuni professionisti, forse più desiderosi di criticare un tipo di analisi a loro sconosciuta che non di ricercare la verità.

Ciò premesso, io stesso ritengo che negli ultimi anni l’analisi tecnica classica sia diventata via via sempre più vulnerabile rispetto al passato, a causa di un contesto notevolmente cambiato e molto più complesso.

Infatti, i cosiddetti stop hunter  ormai da diverso tempo sfruttano la sempre più diffusa conoscenza dell’analisi tecnica per provocare false rotture in grado di far scattare gli stop loss.

Le figure più note, le resistenze ed i supporti più visibili sono diventati assai pericolosi perché rappresentano terreno fertile per gli stop hunter.

Inoltre, un altro aspetto in grado di vanificare qualsiasi tipo di analisi, anche se correttamente condotta, è il sempre più intenso interventismo delle Banche Centrali.

Il notevole cambiamento del contesto in cui si opera impone un utilizzo più evoluto dell’analisi tecnica:

  • laddove possibile, accostare ai metodi classici anche quelli meno conosciuti, purchè efficaci (per esempio la Forchetta di Andrew);
  • verificare la presenza di elementi di conferma ad una previsione; in tal senso, risultano particolarmente affidabili le aree di convergenza, ossia quelle aree in cui convergono più elementi (per esempio un livello di Fibonacci ed una resistenza statica);
  • stabilire l’attuale fase del ciclo economico per identificare dove i mercati si trovano e dove, probabilmente, sono diretti;
  • esaminare la forza relativa per comprendere in che direzione si stanno muovendo i flussi di denaro;
  • integrare l’analisi tecnica con altre di diversa natura eventualmente conosciute (analisi ciclica, quantitativa, analisi intermarket, ecc.).

Tali accorgimenti consentono di condurre analisi che potremo definire qualitative, ma pur sempre comprensive di elementi propri dell’analisi tecnica.

Ad ogni modo, le opinioni assumono maggior spessore se sostenute da fatti concreti: le numerose previsioni sul dollaro e sull’oro (tanto per citarne alcune) che ho pubblicato negli ultimi mesi e successivamente avveratesi, si basavano principalmente su concetti di analisi tecnica, dimostrandone l’affidabilità.

Con ciò non si vuol passare il concetto secondo cui l’analisi tecnica sia infallibile (è ben salda in me la consapevolezza di non poter prevedere con certezza il futuro) e nemmeno che sia migliore delle altre, ma semplicemente sottolinearne la sua oggettiva utilità.

Condivido il pensiero di chi afferma che l’analisi tecnica tradizionale si sia indebolita e richieda determinati accorgimenti, ma affermare che è del tutto inutile significa scontrarsi con la realtà.

Riccardo Fracasso

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