Grecia: scenari a due giorni dal referendum
Era l’Autunno del 2009, quando, il neo primo ministro George Papandreou rivelò che i bilanci economici inviati dai precedenti governi all’Unione europea erano stati falsificati col fine di ottenere l’ingresso della Grecia nella Zona Euro.
Da allora, oltre 5 anni caratterizzati da piani di aiuti, austerity e persino un pesante default (2011).
Una serie di accordi raggiunti attraverso negoziazioni via via sempre più complicate e tese, con allo sfondo l’ipotesi di un’uscita dall’Area Euro della Grecia.
E’ evidente che se il problema si trascina da così tanti anni, i provvedimenti fin qui presi sono stati semplici toppe che col tempo si sono scucite.
Quella greca, infatti, è una questione riemersa in più occasioni facendo tremare i mercati.
Personalmente, ho appreso positivamente l’elezione di Tsipras come nuovo premier, per il motivo che, a mio parere, all’interno dell’Area Euro serviva e serve tuttora chi faccia valere gli interessi dei Paesi più piccoli senza subire il volere di quelli più forti (in particolar modo la Germania).
Mettiamola così: Tsipras poteva bilanciare, almeno parzialmente, il peso della Merkel.
E’ anche vero, però, che talvolta due estremi sono troppo distanti per raggiungere un punto d’incontro.
In buona sostanza, l’ingresso di Tsipras poteva (e può) avere la conseguenza di controbilanciare la situazione ma al tempo stesso anche quella di spezzare la corda.
A mio parere, da parte della Grecia è evidente la volontà di rimanere, almeno per il momento, all’interno dell’Area Euro.
Anzi, dirò di più: a mio avviso Tsipras ha indetto il referendum convinto che un accordo in extremis l’avrebbe evitato.
La decisione di indire il referendum è, quindi, una minaccia finalizzata a strappare condizioni più convenienti e, mal che vada, un modo per sottrarsi dalla responsabilità di aver gravato i cittadini di ulteriori sacrifici.
Allo stato attuale gli scenari sono tre:
- si trova un’intesa prima del referendum;
- vince il ‘SI’, esce di scena Tsipras e con ogni probabilità sale al governo un esecutivo ‘pro troika’ che si siede al tavolo delle trattative;
- vince il ‘NO’, Tsipras respinge le condizioni proposte dalla Troika e cerca di stringere un nuovo accordo più conveniente.
La prima è senza dubbio l’ipotesi migliore per i mercati, ma al tempo stesso la meno probabile, specie dopo la dura presa di posizione da parte della Merkel (e non solo) che ha affermato che le trattative riprenderanno solo dopo il referendum.
La seconda, secondo i sondaggi, è la più probabile e, a mio avviso, dovrebbe comunque portare serenità (di breve termine) sui mercati, anche se rappresenterebbe una vittoria per la Germania.
La terza è quella che porterebbe più incertezza e volatilità sui mercati, anche sul breve periodo, ma se dovesse comunque esser raggiunto un accordo in tempi stretti (Tsipras parla di intesa entro 48 ore dal referendum in caso di vittoria del ‘NO’, ma i dubbi in merito sono tanti) potrebbe tornare ugualmente il sereno; davvero molte le incognite legate a questo scenario.
Riccardo Fracasso
6 Responses to Grecia: scenari a due giorni dal referendum
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Buongiorno Riccardo! Fotografia perfetta della situazione, speriamo che nella “sala dei bottoni” sappiano i rischi che stiamo correndo e mettano in atto i comportamenti dovuti e necessari per ristabilire una situazione più tranquilla sui mercati.
Buona serata.
Personalmente spero che vinca il no per una serie di ragioni tra le quali mi limito a tre:
1) il FMI ha appena finito di dichiarare che alla Grecia servono almeno altri 50 miliardi e che il suo debito è allo stato insostenibile. Questa è l’ennesima certificazione del carattere fallimentare delle sue amorevoli “cure”, somiglianti più a uno strozzinaggio legalizzato che a reali politiche economiche rivolte allo sviluppo. Non è certo la prima volta che il FMI autocertifica i propri sbagli, talora in modo indiretto (come questa) ed altre addirittura in modo esplicito e diretto, salvo poi quasi reclamare il diritto e l’autorità per continuare a perseverare negli errori. Di fronte a questo, il minimo da chiedersi è quale diamine sia la funzione reale di codesta sedicente “istituzione” se non far danni. L’insostenibilità del debito greco è il miglior involontario assist alla tesi di Tsipras, che infatti giustamente l’ha colta al volo per suffragare le ragioni del no: come non convenirne ?;
2) la Grecia è tornata prima ad eleggere un governo da parte del popolo, e poi – adesso – a far decidere direttamente il popolo. Questa si chiama assunzione di responsabilità e democrazia, quali che siano le decisioni. Giuste o sbagliate, non saranno state prese sulla testa di nessuno così come nessuno potrà disconoscerle. Viene spontaneo il confronto con l’Italia, dove siamo già al terzo governo consecutivo imposto dalle “istituzioni” e dove finora tutte le decisioni sono passate sulle teste dei cittadini i quali scoprono puntualmente soltanto dopo quanto sono chiamati a pagare per esse (nel caso specifico, 40 miliardi per la Grecia) salvo poi essere scaricati nei casi inversi di richieste di aiuto e solidarietà, come è avvenuto con la vicenda dei migranti: chi è più avanti tra noi e loro ?
3) solo la vittoria del No permetterebbe veramente di scoprire le carte e capire a chi conviene veramente che un altro Paese stia dentro l’euro oppure no, e a vantaggio di chi. L’impressione è, al momento, che Tsipras percepito come il guascone che rischia di portare a galla, in modo più o meno involontario, meccanismi ed ipocrisie più grandi di lui su cui si basa l’intera impalcatura europea e che, se scoperti, rischierebbero di aprire gli occhi a molti, troppi cittadini dell’intera Unione.
Insomma, è qualcosa che ha una valenza ben maggiore che semplicemente economica.
Salve Andrea,
dopo qualche mese ci si risente.
Fermo restando che il ‘NO’ rappresenta l’ipotesi meno favorevole per i mercati nel breve/medio periodo, ti rispondo punto per punto.
1 – Condivido in pieno.
2 – Sono d’accordo sulle considerazioni in merito alla classe politica italiana.
Ciò premesso, la decisione di Tsipras si presta a due differenti chiavi di lettura: la prima è la tua, mentre la seconda è quella che il premier ha voluto lavarsi le mani.
Inoltre, sarebbe bene capire realmente in cosa consistono le richieste rifiutate dal governo ellenico.
Nel caso, come alcuni affermano, la proposta della Troika sia stata rifiutata perché prevedeva l’eliminazione dei soliti privilegi (prepensionamenti, ecc.), allora il governo greco, a mio avviso, è in torto.
Discutibile chiedere aiuti anche per mantenere privilegi.
Nel caso invece in cui siano state rifiutate esclusivamente misure che richiedono ulteriori sacrifici alle classi meno abbienti, allora sono dalla parte di Tsipras.
3 – Condivido, anche se è bene sottolineare che il governo greco doveva preparare un piano che contemplasse l’eventuale uscita dall’Area Euro e tenere accese le stampanti per sfornare nuove dracme.
Nel caso in cui la BCE dovesse smettere di fornire liquidità alle banche greche (ELA), la situazione della Grecia diverrebbe più tragica di quanto non lo sia adesso.
Buona serata.
mi permetto di dissentire sull’opinione a favore del NO.in primo luogo questo tipo di referendum rappresenta un uso improprio della parola Democrazia.ma scusate, perchè si eleggono propri rappresentanti con il preciso ed inderogabile compito di GOVERNARE il paese? a cosa serve un governo che per risolvere un problema fondamentale ripassa la parola al Popolo che non possiede competenze specifiche per decidere sul problema stesso!? trovo una grande ipocrisia parlare di democrazia, in questi casi parlerei di scarica barile.questo è cibo per populisti a caccia di consensi,e le conseguenze le pagheranno i più deboli.i mercati sanno sempre come difendersi.
A mio avviso, il referendum di per sé è un’importante conquista democratica.
Ciò premesso, è vero, come dici tu, che talvolta è utilizzato come scarica barile dai politici e a volta i cittadini non hanno la competenza per decidere in materie talmente complesse.
Riccardo