Lo S&P 500 ha chiuso la seduta a 2.800 punti, registrando un -1,9%.
Il bilancio settimanale è pari ad un -0,77%.
Scattano quindi le prime vendite anche per il listino americano che, ancora una volta, parrebbe aver riconosciuto la parallela superiore della forchetta rialzista A-B-C.
Solitamente la formazione del top di un mercato rialzista di lungo termine avviene tramite un processo distributivo piuttosto prolungato (ne sono un esempio il 2000 ed il 2007).
Pertanto, ogni calo può rivelarsi l’inizio del crollo ma anche l’ennesima correzione temporanea all’interno di una fase laterale.
Se da una parte tale sviluppo ha il pregio di offrire agli investitori diverse occasioni d’uscita, dall’altra questo suo snervante ‘mantenersi in alto senza crollare’ può generare la percezione di un mercato forte destinato a riprendere la corsa al rialzo.
Inoltre, non s’ha la certezza di essere realmente in una fase distributiva (anzichè riaccumulativa) fino a che il calo non è ben visibile sul grafico (nel caso specifico con la rottura dei minimi di dicembre = 2.346 punti).
In un ambito come quello dell’analisi tecnica in cui regna l’incertezza, è giusto comunque considerare i pochi elementi certi, e tra questi ricordiamo gli svariati eccessi ed un rapporto rischio/rendimento nettamente sbilanciato dalla parte del rischio.
Nell’attuale contesto, si resta convinti della bontà della strategia market neutral long oro e short S&P 500.
Riccardo Fracasso
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