Coronavirus: considerazioni
Innanzitutto un saluto, con l’augurio stiate tutti bene, voi ed i vostri cari, e con la speranza che questo periodo finisca al più presto.
Prima di iniziare, ci tengo a precisare che in questa sede devo sempre dare una chiave di lettura economico/finanziario, forse apparendo in periodi come l’attuale anche cinico, ma sappiate che non mi sfugge in alcun modo l’aspetto più importante, quello umano, quello della salute, tema che mi è particolarmente caro.
Partiamo da Trump, che in settimana ha espresso l’intenzione di non prorogare le restrizioni oltre la scadenza (12 Aprile) perchè un “Un isolamento prolungato potrebbe distruggere il Paese e una grave recessione potrebbe fare più vittime del coronavirus” .
Inoltre, ha sottolineato che “l’influenza stagionale e gli incidenti automobilistici mietono più morti del coronavirus e non per questo si chiude il Paese o si chiede alle case automobilistiche di non produrre più vetture”.
Sul fatto che la recessione sia causa di morti non v’è dubbio, ed è altrettanto vero che ogni anno muoiono più persone per incidenti stradali e per una ‘semplice’ influenza.
Pertanto, c’è un fondo di verità in quanto affermato da Trump, ma il suo ragionamento non tiene in considerazione degli aspetti che hanno un impatto estremamente rilevante anche dal lato economico.
E’ brutto anche solo da dire, ma il problema del virus non è tanto quello del numero di morti, altrimenti si bloccherebbe il mondo ogni inverno per evitare che la gente perda la vita per l’influenza stagionale.
Il problema è che questo virus occupa molti più letti in ospedale e, soprattutto, in terapia intensiva.
Il problema è che si va verso una carenza di personale ospedaliero che, col tempo, rischia di ammalarsi.
Tutto ciò porta, e sta effettivamente portando, ad un’emergenza sanitaria che consiste nel rischio che il sistema sanitario collassi (e chi abita in Lombardia lo sa bene), e che non possa più garantire le cure adeguate nemmeno per chi ha altre problematiche di salute.
Non sottovaluto in alcun modo l’enorme importanza dell’aspetto economico, i danni che questi blocchi provocano, ed anche lo stato d’animo che un presidente di uno Stato può provare di fronte a questa situazione.
Tuttavia, quel che secondo me dovrebbero suggerire a Trump è che quanto più si riuscirà a contenere l’emergenza sanitaria, quanto minori saranno i danni economici, e quanto prima partirà la ripresa.
La Cina, ed ancor più l’Italia, sono esempi che spiegano che intervenire anche con una settimana in ritardo amplia il problema e costringe nel tempo a restrizioni più durature ed estese, ampliando le ripercussioni economiche.
Gli altri stati possono far tesoro delle esperienze della Cina e dell’Italia, ma alla fine noto che ovunque si spera (o meglio, si vuol credere) che le disgrazie colpiscano solo gli altri.
New York è un focolaio che, se non circoscritto per tempo, può provocare milioni di morti in tutti gli Stati Uniti.
A quel punto la paura porterebbe le persone ad auto-isolarsi, a non spendere se non per i beni essenziali, con riflessi sull’intera economia.
Ma andiamo oltre.
Parlando con qualche collega mi è stato chiesto quanto durerà la tempesta sui mercati e come vedo il futuro quando sarà alle spalle.
Nessuno conosce il futuro, men che meno io, ma qualche riflessione è possibile farla.
Andrò in ordine sparso, come fosse una chiaccherata tra amici.
Innanzitutto è bene chiarire sin da subito che si tratta di una situazione senza precedenti, il che rende più complicata ogni previsione.
All’emergenza sanitaria si aggiungono quella economica e, conseguentemente, anche quella sociale, della quale leggo già le prime manifestazioni in Italia.
Sono tutte emergenze gravi che non classificherei tanto in ordine di importanza, ma mi limiterei a prendere atto che affrontare quella sanitaria significa anche contenere le altre.
Purtroppo affrontare l’emergenza sanitaria significa bloccare gran parte dell’economia.
Ciò porta a danni quasi per tutti, seppur diversi nella misura.
Molte attività che hanno sempre operato in bilico puntando alla differenza tra entrate e uscite mese per mese saranno costrette a chiudere.
Molti dipendenti, seppur protetti dalla cassa integrazione, lavorano per aziende che non sopravviveranno e quindi si ritroveranno disoccupate.
Gli imprenditori di beni ritenuti non essenziali stanno subendo danni economici enormi.
Inoltre, in questa situazione di crisi molti clienti, chi costretto e chi invece cercando un alibi, si finanziano tramite il fornitore, non pagando quanto dovuto.
Anche chi lavora nel mio settore, persino chi non sarà rimasto in balia di questo terremoto, sarà indirettamente penalizzato, perchè circolerà meno liquidità nelle tasche degli investitori e vi sarà anche meno propensione ad impiegarla.
Molte partite iva, come per esempio gli agenti (e non solo), che non percepiscono un fisso e che in questo periodo non possono lavorare hanno azzerato le proprie entrate ed in alcuni casi non hanno risparmi da cui attingere.
I consumi crollano, sia perchè molte attività sono chiuse per legge, sia perchè la crisi economica impone alla gente più parsimonia, sia perchè dal punto di vista emotivo questo clima di incertezza non alimenta certamente la propensione alla spesa.
Ed anche chi investe in attività (gli imprenditori), in questo periodo non è assolutamente invogliato a farlo.
Quindi drastico rallentamento dei consumi e quasi azzeramento degli investimenti.
La disoccupazione inevitabilmente salirà perchè quasi tutti i contratti in scadenza non saranno rinnovati, e perchè molte aziende dovranno ridimensionarsi o addirittura chiudere.
Le nuove assunzioni sono già ora un’utopia.
Uno degli effetti immediati di tutte queste implicazioni è quello che alcune famiglie non dispongono del denaro anche per l’essenziale, e non è un semplice modo di dire, ma triste realtà.
Peraltro, in situazioni di crisi come questa è quasi naturale la stretta creditizia.
Pertanto, se per affrontare l’emergenza sanitaria è doveroso bloccare gran parte dell’economia, è necessario che qualche istituzione intervenga per limitare il numero di fallimenti aziendali, e per mettere in tasca i soldi utili per l’essenziale a chi improvvisamente si è ritrovato a non averli.
Tutto ciò porterà ad un enorme rialzo dei debiti pubblici, sia per le maggiori uscite per l’assistenzialismo sia per le minori entrate (la recessione implica minori entrate nelle casse dei vari Stati).
Conseguentemente, quando tutto sarà finito, agli Stati più indebitati (in primis la nostra Italia) sarà richiesta un’austerità che ci farà perdere l’ennesimo treno della ripresa, oltre che posizioni nella classifica delle varie economie.
Certo, prima o poi tornerà il segno più davanti alla crescita del PIL, ma sarà positivo solo perchè raffrontato a valori assoluti molto bassi e ben distanti dai valori precedenti a questa crisi, peraltro già modesti.
Riassumendo, ci troveremo maggior disoccupazione, più povertà (anche da parte di chi non l’ha mai conosciuta) e maggior debito pubblico.
A queste certezze si aggiungono dei rischi.
Penso al rischio del contagio di ritorno, specie se si tiene conto che altri Stati sono in ‘ritardo’ rispetto all’Italia (in particolare del Nord) di un paio di settimane e che, a mio avviso, stanno sottovalutando l’emergenza in cui si trovano.
E’ un rischio che sarà ridotto solo circoscrivendo i focolai interni e mantenendo chiuse le frontiere, con la consapevolezza che ciò implichi un ulteriore freno all’economia.
Penso anche al rischio che il virus possa anche ‘calmarsi’ con l’arrivo dell’estate, ma che possa anche far ritorno con l’autunno (le previsioni più ottimistiche sul vaccino parlano di inizio 2021).
Se così fosse, l’eventuale reintroduzione delle restrizioni attuali (ammesso che durante l’estate siano rimosse) provocherebbe ripercussioni emotive pesantissime, un diffuso stato d’animo di rassegnazione a questa nuova realtà priva di libertà, ma anche a delle sommosse.
Ora passiamo all’Europa.
Dopo vent’anni di Euro quasi mi sorprende vedere chi si sorprende solo ora di fronte all’egoismo di alcuni Stati (vedi Germania, ma non solo).
Personalmente mi sarei stupito del contrario.
La storia di questi vent’anni, ma anche quella dei due precedenti tentativi di unione monetaria, parla chiaro: la Germania ha sempre agito solo per un proprio tornaconto.
Però, un conto è disinteressarsi degli altri Paesi, un altro è fregarsene di chi con te compone l’Unione.
Ma evidentemente si sbaglia a parlare genericamente di Unione; si può parlare di Unione monetaria e di poco altro, ma non certo di Stati Uniti d’Europa, quello non può proprio essere detto.
Il cardine su cui deve poggiare qualsiasi Unione è quello di aiutare chi va in difficoltà; se persino in presenza di una grave emergenza sanitaria c’è chi non mette da parte i propri interessi (peraltro scordandosi i favori ricevuti in passato!), allora tutto perde di ogni senso.
Il fatto stesso che Macron ora sia dalla parte dell’Italia solo perchè la Francia è anch’essa duramente colpita dal Coronavirus, dimostra che le prese di posizioni di molti Stati sono solo legate agli interessi di bottega.
Vi prego di non dare una chiave di lettura politica a quel che scrivo perchè in questo momento sto esprimendo un ragionamento solo con l’intento di rispondere alla domanda di come sarà l’Area Euro terminata la tempesta.
E’ giusto chiederselo ed è impossibile dare una risposta con certezza.
Seppur non la ritenga ancora l’ipotesi più probabile, non mi sento di scartare a priori la possibilità di una spaccatura dell’Area Euro, con enormi ripercussioni sui mercati.
Tuttavia, al momento lo scenario che reputo più probabile e che mi auguro è quello di un duro braccio di ferro che finisca per vedere la Germania cedere ed accettare i coronabond come misura temporanea (quindi senza che tale concessione apra le porte a dei futuri Eurobond).
Magari accetterà perchè si ritroverà essa stessa in piena emergenza (non glielo auguro ovviamente), o semplicemente perchè stavolta dovrà cedere se non vorrà spaccare l’Area Euro.
Di certo, non sarà per altruismo.
Passiamo ai mercati.
Tenuto conto dello scenario descritto è difficile pensare che la situazione si risolva in tempi stretti.
Potremmo assistere a dei rimbalzi, anche di qualche mese ed anche corposi, che faranno credere/sperare che tutto sia passato, ma senza invertire il trend ribassista di fondo.
In merito all’economia, non è in dubbio una fortissima recessione a livello globale, ma la durata della stessa.
Infatti, non è escludibile a priori nemmeno l’ipotesi di una depressione.
Non esiste un criterio ufficiale per stabilire la presenza o meno di depressione, ma gode di considerazione la tesi secondo cui l’Economist la definisce come una riduzione dell’attività economica pari almeno al 10% del PIL e di durata non inferiore a tre anni.
Al momento mi limito a dire che il trend ribassista in corso, seppur tra alti e bassi, difficilmente terminerà quest’anno; magari lo farà pensare con qualche bel rimbalzo, o magari mi sbaglio.
Un’altra considerazione: ammesso e non concesso che l’emergenza sanitaria si concluda al più presto, poi ci troveremo comunque nella situazione precedentemente descritta (disoccupazione, molta attività produttiva spazzata via, debiti pubblici altissimi, ecc.).
Inoltre, non scordiamoci che anche prima che iniziasse quanto stiamo vivendo (e non solo assistendo), in più occasioni avevo spiegato le criticità presenti, sia a livello economico (top pontenziale del ciclo di credito), sia per i mercati (eccessi vari).
C’è un ulteriore aspetto da evidenziare: le misure monetarie delle Banche Centrali (mi riferisco al taglio dei tassi ed ai vari QE) non possono avere efficacia nell’immediato.
Come già spiegato in passato, la liquidità immessa sul mercato dipende da chi li presta, e mi riferisco sia alle banche che a chi sottoscrive bond; entrambi in questo periodo non sono propensi al rischio, e prestano solo a chi (per ora) è affidabile, mentre proprio chi è in difficoltà e ne avrebbe più bisogno è lasciato al proprio destino.
Sarà necessario attendere il ritorno di fiducia delle banche e dei sottoscrittori di bond per poter fare ripartire l’economia, ma ciò richiede tempo.
A chi mi chiede chi ne uscirà meglio dal punto di vista economico, rispondo innanzitutto che chi ne uscirà peggio probabilmente sarà l’Area Euro.
Non vedo nemmeno bene gli Stati Uniti, mentre vedo bene la Cina che, seppur ne uscirà malconcia, potrà godere di una posizione privilegiata rispetto agli altri Paesi.
In economia nel lungo termine se ti indebolisci ma i tuoi concorrenti si indeboliscono molto più di te, hai comunque ottenuto un vantaggio, e chi ha la lungimiranza e le possibilità di governare a lungo termine questo lo sa.
Concludo ribadendo l’augurio che questo periodo si risolva quanto prima e nel miglior modo possibile per tutti noi, per i nostri cari, per tutti gli italiani, e per tutti gli esseri umani indistintamente.
Riccardo Fracasso
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