Tra i principali protagonisti degli ultimi 15 anni va menzionato il Nikkey:
Da inizio anno (+15%) il rialzo ha aumentato di velocità, forse vedendo sempre più vicino un target che anni fa era impensabile: i massimi storici registrati tra la fine del 1989 e l’inizio del 1990.
Salita che ha praticamente permesso di raggiungerli.
Con l’aumento della velocità del rialzo il trend ha assunto una forma parabolica.
Se si considera anche l’ipercomprato su base trimestrale, l’indice giapponese è giunto all’appuntamento con i massimi col fiato corto.
Ciò, ovviamente, non ci consente di escludere categoricamente l’ipotesi di una rottura convinta di tale area di resistenza, ma ne riduce le probabilità.
Appare salutare, quanto meno, una correzione.
Quando si parla di azionario è giusto prendere in considerazione l’indice globale, ma sapere che alla borsa giapponese sono serviti 34 anni per ritornare ai precedenti massimi dimostra che la soglia di ingresso è fattore determinante nel risultato.
Ora, mettiamo da parte l’aspetto grafico per occuparci di storia.
Gli anni precedenti al crollo avviato al 1990 furono caratterizzati da politiche monetarie ultra espansive che favorirono, tra l’altro, il settore immobiliare.
Proprio quando il Giappone sembrava poter diventare la prima economia mondiale, scoppiò la bolla immobiliare, innescando la recessione.
Ancora una volta il prolungato ed eccessivo ricorso al debito (che ricordiamo essere ciclico!) portò un Paese alla crisi.
E ancora una volta le difficoltà del settore immobiliare si riversarono su quello bancario.
Inoltre, la decisione delle banche stesse di mantenere in vita imprese che nella sostanza erano fallite, prolungò l’agonia e acuì la crisi.
Svariati anni di politica espansiva, esplosione del debito, bolla immobiliare, difficoltà del settore bancario, scadenze di debiti incagliati portate in là nel tempo, molte le analogie con la situazione odierna degli Stati Uniti.
Magari stavolta le cose andranno diversamente.
Riccardo Fracasso
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