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Il benchmark è un parametro di riferimento che viene preso a confronto per valutare la bontà di un fondo/sicav, ed indica sinteticamente in quali tipi di mercato il portafoglio  viene investito.
 
Per un benchmark, sono auspicabili quattro principi:
 
·         trasparenza: gli indici devono essere calcolati con regole replicabili autonomamente dall’investitore;
·         rappresentatività: gli indici devono esser rappresentativi del prodotto che si dichiara di vendere ai clienti;
·         replicabilità: gli indici devono esser completamente replicabili con attività acquistabili direttamente sul mercato;
·         hedgeability: è preferibile che gli indici siano sottostanti di contratti derivati, così da permettere una tempestiva copertura dei portafogli e l’abbassamento dei costi di transazione.
 
Va detto che i rendimenti del benchmark non considerano le commissioni di gestione,  i costi di sottoscrizione e di contrattazione delle attività finanziarie,  tutte passività che invece gravano sui fondi e le sicav; inoltre, il valore delle quote pubblicate giornalmente dei fondi di diritto italiano, è al netto del capital gain.
In sintesi, il benchmark parte avvantaggiato nel confronto con fondi e sicav.
Non sempre un fondo od una sicav che supera il benchmark è migliore di chi non lo fa: talvolta, risultati migliori si ottengono contravvenendo le caratteristiche dichiarate al cliente.
Per esempio un fondo bilanciato moderato spingendosi al 70% di azionario può ottenere una performance superiore, ma a fronte di un rischio maggiore a quello dichiarato al cliente.
Un fondo passivo (che replica l’indice) si considera valido se le sue performance sono il più possibili simili  al benchmark e non se lo superano, perché la sua natura impone di riprodurre un indice
 
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