Lo S&P 500 ha chiuso la seduta a 4.185 punti, registrando un +0,36%.
Il bilancio settimanale è pari a un +1,37%.
La borsa americana non solo ha recuperato quanto perso col crollo di inizio 2020, ma ha guadagnato un ulteriore 23% da quei valori.
Se si considera che già al tempo (Febbraio 2020) le quotazioni erano enormemente sopravvalutate, figuriamoci ora, con la borsa sensibilmente più alta e il PIL, pressoché agli stessi valori.
Mentre la borsa americana da inizio anno presenta un +11,43%, quella cinese (indice CSI 300), il cui Paese ha recentemente diffuso uno splendido dato sul PIL del primo trimestre (+18,3%), registra un -4,61%.
Appare evidente come in questa fase uno dei driver principali, oltre a quelli più volte citati (Leva, Buy Back, Algoritmi, Banche Centrali) non è certo l’economia ma la predisposizione delle istituzioni a mantenere gli aiuti.
Paradossalmente, qualsiasi notizia positiva (per esempio le riaperture, ormai prossime) che innalzi le probabilità di un ridimensionamento dei sostegni rischia seriamente di essere percepita negativamente dai mercati, tanto più con l’avvicinarsi di una stagionalità sfavorevole.
Ad ogni modo, attualmente non sono presenti segnali concreti di inizio calo (potrebbe partire da un momento all’altro come no); come già scritto, serve un deciso rialzo della volatilità.
Riccardo Fracasso
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