Esaminando lo S&P 500, analizziamo l’impressionante rialzo avviato dai minimi di marzo 2009 ai massimi di gennaio 2022:
Stiamo parlando di una crescita del 622% in 13 anni, anomala per un Paese sviluppato e più consona per borse emergenti/emerse o per indici settoriali.
Pur contestuale a una poderosa crescita economica, la salita è stata sproporzionata.
Eccesso retto dall’incremento continuo di operazioni di buy back e della leva finanziaria, da acquisti automatici degli algoritmi e da una politica monetaria estremamente espansiva.
Si tratta di fenomeni che, tra fine 2021 e inizio 2022, raggiunsero livelli mai visti in passato e che difficilmente rivedremo in futuro.
Già nel 2020 i tempi erano maturi per una pulizia che solo parzialmente si concretizzò; infatti, paradossalmente il covid consentì interventi monetari, aiuti pubblici e ricorsi al deficit altrimenti non percorribili.
La politica espansiva che ha accompagnato il rialzo dai minimi del 2009 in poi ha inondato il mercato finanziario di liquidità.
Lo ZIRP (Zero interest-rate policy = politica del tasso di interesse zero) ha azzerato il rendimento a breve termine spingendo gli investitori verso investimenti via via sempre più volatili e, col tempo, sempre meno remunerativi.
È così che si è giunti a titoli di stato decennali che in alcuni casi (per es. i bund) offrivano persino rendimenti lordi negativi e a un dividend Yield della borsa americana sotto all’1,3%.
Un mercato che non esige il giusto premio al rischio è un mercato malato, in una bolla destinata a scoppiare.
Con l’impennata dell’inflazione e il rialzo dei tassi si è palesata la sconvenienza degli altri asset che, conseguentemente, hanno subito forti vendite.
Il grafico, spesso esibito per avallare la strategia ‘buy and hold’, a mio avviso andava e andrebbe invece proposto per stimolare prudenza e suggerire ingressi che non siano a qualsiasi prezzo.
A inizio 2022, tra le aspettative personali, scrissi:
“mercato azionario: inversione ribassista ad anticipare la recessione (economia già in fase di rallentamento); rispetto a quella del 2020, penso a una discesa meno veloce ma più profonda, conseguentemente più prolungata, simile a quelle avviate nel 2007 e nel 2000.”.
Effettivamente nell’anno appena concluso abbiamo assistito a una discesa decisamente più graduale rispetto a quella del 2020.
D’altro canto, venendo alla stretta attualità, nel momento in cui la volatilità dovesse rialzare la testa il trend ribassista dovrebbe aumentare notevolmente velocità.
Riccardo Fracasso
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