Col presente studio desidero analizzare un indicatore che evidenzia come la bolla immobiliare, che ha poi portato alla crisi del 2008, era prevedibile.
Mi rendo conto che qualcuno possa avanzare critiche sull’utilità di analisi che stabiliscono, solo a posteriori, un criterio che avrebbe consentito di preavvisare una crisi già consumata o già avviata, ma capirne i segnali premonitori può servire per il futuro.
Prima di passare al grafico, è giusto sottolineare l’estrema importanza del mercato immobiliare.
Secondo uno studio, ogni milione di dollari speso per l’acquisto di una costruzione impegna direttamente 9 lavoratori ed indirettamente altri 28.
Quindi, l’effetto moltiplicatore è notevole ed il riflesso sulla crescita economica e sull’occupazione è elevato, motivo per cui il settore immobiliare rappresenta uno dei termometri più attendibili (se non quello più importante) per valutare la salute dell’economia di un Paese.
Detto questo, l’epicentro della bolla immobiliare in questione fu negli Stati Uniti, motivo per cui è bene rivolgere la nostra attenzione al loro settore edile:
Di indicatori sul settore immobiliare americano ne esistono svariati e tutti ci offrono informazioni importanti; nello specifico, questo grafico rappresenta i mesi necessari per vendere tutte le scorte di abitazioni ipotizzando, per assurdo, che nel frattempo non vi siano nuove costruzioni.
Ovviamente, ad un minor numero di mesi necessari per azzerare le scorte corrisponde una maggiore domanda ed un’economia solida.
Viceversa, ad un maggior numero di mesi necessari per azzerare le scorte corrisponde una minor domanda ed un’economia in crisi.
Nel periodo considerato (dal 1973 al primo trimestre del 2013) la media dei mesi necessari è stata di 6,3 (linea orizzontale nera).
Dal grafico è possibile notare come nel periodo che va da inizio 1997 a fine 2005 (vedi riquadro rosso) i mesi necessari per azzerare le scorte di costruzioni sono rimasti stabilmente sotto i 5 (alcune rilevazioni sono state persino inferiori a 4).
Si sta quindi parlando di ben 9 anni, un periodo eccezionalmente prolungato in cui la domanda è rimasta altissima.
Per capire l’eccezionalità del dato, basti sapere che in precedenza, sempre partendo dal 1975 in poi, vi fu solo una rilevazione al di sotto dei 5 mesi e nessuna inferiore ai 4.
In quei 9 anni, dopo una prima fase in cui la crescita della domanda e dei prezzi reggevano sulle proprie gambe, poi sono state drogate da una forsennata politica espansiva di riduzione dei tassi voluta da Greenspan (al tempo presidente della Fed) che ha favorito l’accesso al debito dapprima (giustamente) per fronteggiare la crisi legata alla bolla tecnologica (2000/2001) ed in seguito (grave errore) per continuare a sostenere la domanda del settore immobiliare che nel frattempo era diventata insostenibile.
In altre parole, è in quei 9 anni che s’è assistito al progressivo surriscaldato del settore immobiliare, generando una bolla senza precedenti che, nel momento in cui è scoppiata, ha inevitabilmente messo in ginocchio i mercati finanziari e l’economia reale.
Lo scoppio della bolla è stato favorito dal rialzo dei tassi di interessi da parte della FED che nel frattempo s’era reso indispensabile per contenere l’inflazione.
Le conseguenze sono ben visibili dal grafico: s’è infatti passati dai livelli inferiori ai 5 mesi del 2005 ai livelli superiori ai 10-11 nel 2008, soglie mai viste in passato.
Questo ha rappresentato uno shock enorme per l’economia americana la quale, come sappiamo, influenza notevolmente l’economia dell’intero mondo.
Si imparano così due lezioni:
- Fino a che il mercato immobiliare americano è in salute raramente è possibile assistere ad imminenti crolli dell’economia globale;
- Nel momento in cui nel settore immobiliare statunitense la domanda crolla, i listini azionari prima ed in seconda battuta l’economia mondiale ne risentono pesantemente.
Sia chiaro, non si sta sostenendo che ogni caduta dei mercati azionari sia anticipato da un crollo della domanda immobiliare americana (nel 2000, per esempio, si scese per colpa della bolla tecnologica quando il mercato immobiliare era in gran salute), ma che alcuni suoi segnali non devono essere assolutamente trascurati.
Venendo alla stretta attualità, l’ultima rilevazione dell’indicatore è a 4,1 mesi, un livello che indica un mercato immobiliare in ottima salute.
Tale dato mi porta ad affermare che siamo ben distanti da livelli che suggeriscano un imminente crollo economico degli Stati Uniti.
Magari livelli di allarme saranno raggiunti in un tempo relativamente contenuto, ma al momento, ripeto, va evidenziato che la zona d’allerta è ben distante.
Riccardo Fracasso
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