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La IMD è una business school (scuola d’affari) che, tra l’altro, dal 1989 pubblica annualmente, a Maggio, il World Competitiveness Yearbook (WCY), una classifica sulla competitività di 61 Paesi tra i più importanti al mondo.

Difatti, i risultati di un’impresa non dipendono esclusivamente dalla propria qualità, ma anche dal contesto nel quale esse operano.

Fino al 1996 erano stese due graduatorie (economie avanzate ed economie emergenti), ma dal 1997, col processo della globalizzazione, s’è deciso di unificarle.

Il WCY è considerato il punto di riferimento mondiale sulla competitività delle nazioni, tant’è che è utilizzato dalle aziende (per determinare gli investimenti), dai Paesi (per stabilire le politiche da attuare) e dagli studiosi (per apprendere ed analizzare).

Esso esamina la capacità delle nazioni di creare e mantenere un ambiente in cui le imprese possano competere.

Sono oltre 340 i parametri presi in considerazione dal WCY tra i quali ricordo alcuni dei più importanti: la valuta, il mercato del lavoro, la pressione fiscale, la capacità produttiva del tessuto economico, le infrastrutture, gli investimenti, l’istruzione, un ceto medio numeroso, la burocrazia, la qualità della vita, la presenza nel territorio di materie prime, il patrimonio culturale, l’efficienza del governo, l’ambiente, la salute, il livello dell’inflazione, la demografia, la ricerca e l’innovazione, la diversificazione, la coesione sociale, ecc.

Ecco la classifica diffusa pochi giorni fa dall’IMD:

IMD - WCY 2016 - Classifica competitività

IMD – WCY 2016 – Classifica competitività

Da evidenziare:

  • balza al primo posto Hong Kong a scapito degli Stati Uniti che perdono due posizioni;
  • il primo Stato Europeo è la Svizzera (2°) mentre il primo dell’Unione Europea e dell’Area Euro è l’Irlanda (7°) che…
  • … rappresenta anche il Paese col miglioramento più significativo, con ben 9 posizioni guadagnate rispetto al 2015;
  • la peggiore discesa è, invece, del Kazakistan che perde ben 13 posizioni rispetto all’anno scorso (dal 34° posto al 47°);
  • anche quest’anno nessun Paese tra quelli dell’America Latina rientra tra i primi 30 posti;
  • prosegue il miglioramento della nostra Italia, che pur rimanendo nella colonna di destra, recupera altre 3 posizioni (balzando dal 38° al 35° posto) che si aggiungo alle 8 dello scorso anno, avvicinandosi alla sua migliore postazione (29° nel 1999). Pur sapendo che la risalita potrebbe anche essere spinta più dai demeriti di altri Paesi che da meriti italiani, è giusto registrare positivamente questa tendenza.

Riccardo Fracasso

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