Dedico il consueto post di fine settimana per condividere alcune riflessioni in merito all’annuncio di ieri del quantitative easing da parte di Draghi, alla sua ultima apparizione come presidente della BCE.
Il provvedimento partirà a Novembre e ammonterà a 20 MLD al mese.
Al contrario di quanto successo per i precedenti, per questo QE non è stata indicata una scadenza, ma si protrarrà fino a che sarà necessario.
Non ricordo precedenti in cui durante un intero ciclo economico la Banca Centrale non ha effettuato alcun rialzo dei tassi.
Tale aspetto descrive l’estrema debolezza economica dell’Area Euro ed attesta l’incapacità delle misure adottate di avviare una ripresa decente.
E tra le misure adottate negli ultimi anni, ricordiamolo, c’è il QE; in altre parole, il QE non è stato la soluzione in passato, perchè mai dovrebbe esserlo ora?
Tali acquisti riducono, o perlomeno contengono, il rialzo dei rendimenti, permettendo agli Stati di continuare ad indebitarsi a basso costo.
Se effettivamente c’è un risparmio, c’è da capire se quel denaro potrà essere utilizzato e come sarà utilizzato.
Perché potrebbe semplicemente servire a ridurre il deficit (aspetto che dipende dalla flessibilità concessa dall’Unione Europea), o potrebbe essere utilizzato in modo inefficiente.
Draghi ha giustamente affermato che servono politiche espansive (investimenti, taglio tasse) che, però, richiedono l’innalzamento del deficit, cui finora si è opposta l’Unione Europea.
Proseguiamo le nostre riflessioni.
Se da una parte il QE contiene il costo di finanziamento per i Paesi, dall’altro va detto che la nuova liquidità non necessariamente entra in circolo nell’economia.
Infatti, il denaro è canalizzato principalmente dal settore bancario.
Se la propensione al rischio della banche resta bassa, la maggior liquidità emessa non è immessa nell’economia reale.
E tale comportamento è plausibile in una fase in cui i bilanci bancari, seppur in miglioramento, presentano diversi crediti incagliati.
Ora passiamo all’aspetto finanziario.
Col QE aumenta la domanda dei Bond, favorendoli in una fase in cui i rendimenti ben poco appetibili scoraggiano gli investitori.
D’altro canto, se l’economia è così malridotta da non essere in grado di camminare con le proprie gambe, il mercato azionario, essendo rappresentativo dell’economia stessa, è destinato a soffrire.
Va comunque evidenziata l’assenza di segnali grafici di inversione ribassista.
Riccardo Fracasso
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