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Premesso che non sono assolutamente un esperto di politica, ho ritenuto utile, raccogliere informazioni per poter descrivere, dopo le elezioni 2013, la situazione attuale, i possibili scenari futuri e le probabili ripercussioni sui mercati finanziari.

D’altra parte l’andamento dei mercati è fortemente influenzato dalle vicende politiche, e le ultime sedute non possono che confermarlo.

Innanzitutto i risultati, che immagino tutti conosciate:

RISULTATI

L’attuale legge elettorale attribuisce alla coalzione vincente, anche nel caso di vittoria con margini ridottissimi, un premio  che consente in ogni caso di disporre di una maggioranza assoluta di seggi alla Camera; pertanto, alla Camera problemi di maggioranza (e quindi di ingovernabililtà) non erano previsti e nemmeno possibili.

Diversa cosa al Senato, invece, dove per ottenere una maggioranza servono almeno 158 seggi, soglia che non si raggiunge attraverso la semplice maggioranza relativa; è qui che sorgono i problemi.

I risultati ci consegnano un quadro in cui la lista civica di Monti, contrariamente alle previsioni, è ininfluente.

Mi spiego: al Senato i 19 seggi guadagnati dalla Scelta Civica se aggiunti a quelli ottenuti da qualsiasi altra forza politica, non sono in grado di far raggiungere la soglia sopracitata dei 158 seggi.

In sintesi, è tramontata l’ipotesi di un governo Centro sinistra e Centro, che era pure quella più accreditata.

Che succede ora?

Innanzitutto ci saranno le consultazioni (21 marzo), attraverso le quali i rappresentanti dei partiti andranno a conferire al Colle.

Dopo di che, il Presidente della Repubblica con ogni probabilità incaricherà il vincente (Bersani) di formare il governo.

Divenuto ininfluente Monti, ovviamente le alternative di alleanza per il centro sinistra si limitano al centro destra ed al Movimento 5 stelle.

In base alle dichiarazioni di Bersani manca la volontà da parte del centro sinistra di allearsi col centro destra (idee troppo divergenti).

D’altro canto, tre le regole del Movimento 5 stelle v’è quella di non allearsi con nessuno ma, al limite, di valutare di volta in volta le proposte.

Quindi, se nessuno dovesse rimangiarsi quanto detto (in politica capita spesso), sono da escludere entrambe le alleanze.

Ed ecco allora che si fa sempre più concreta una terza ipotesi: il tentativo del centro sinistra di dar vita ad un governo di minoranza, ossia un governo presieduto da una forza politica che ha maggioranza relativa ma non assoluta.

Se si intrapprenderà questa strada, Bersani proporrà al nuovo Parlamento un’agenda di punti sui quali intervenire (già accennata ieri in conferenza stampa), sperando di ottenere la fiducia.

Ripeto, Monti è irrilevante e quindi la fiducia dovrebbe arrivare di volta in volta almeno da una delle altre due forze all’opposizione:

  • il centro destra probabilmente sentirebbe maggiormente il dovere di sostenere il governo in veste di alleato; tuttavia, anche all’opposizione potrebbe accettare di fornire un appoggio esterno ad un eventuale governo di centro sinistra, ma solo nei punti condivisi (di certo non nella legge sul conflitto degli interessi); pertanto, sarebbe una soluzione fragile, tant’è che Bersani sembra nemmeno cercare e sperare un sostegno del centro destra;
  • il Movimento 5 stelle, che però è un movimento che esce dalle consuete logiche dei compromessi (o almeno così sembra) e che intende valutare di volta in volta ogni singolo provvedimento.

L’impressione è che Bersani, una volta ricevuto l’incarico di formare il governo, cercherà di capire se potrà ottenere o meno dal Movimento 5 stelle un appoggio esterno (quindi non un’alleanza) sufficientemente affidabile che giustifichi il tentativo di dar vita ad un governo di minoranza.

Sperare in un appoggio su alcune riforme condivise è realistico, ma sperare che il Movimento 5 stelle dia la fiducia esclusivamente per non far cadere un governo lo trovo utopistico.

Ora alcuni aspetti importanti, farciti da considerazioni personali:

  • la posizione in cui si trova il centro sinistra non è affatto facile perchè da una parte andare nuovamente alle urne in tempi stretti con ogni probabilità gli costerebbe perdere altri voti a favore di Grillo, mentre dall’altra anche governare in tempi di crisi potrebbe, come di solito succede, fargli  perdere consensi in vista delle prossime elezioni. Insomma, la situazione di Bersani non è invidiabile e mi viene quasi il dubbio che lui stesso, a questo esito, avrebbe preferito quello di una lieve sconfitta, evitando l’onere di formare il governo;
  • il centro destra, invece, se probabilmente da una parte preferisce, per gli stessi motivi del centro sinistra, evitare il ritorno alle urne, dall’altro stare all’opposizione gli consentirebbe di iniziare sin d’ora la campagna elettorale per le prossime elezioni, criticando ogni provvedimento proposto dal centro sinistra e proponendo misure, magari di difficile attuazione, ma ben gradite dai cittadini;
  • in questo contesto la forza politica che gode della posizione migliore è senza dubbio quella rappresentata da Grillo: non deve infatti fare più di tanti calcoli perchè sia nel caso di elezioni anticipate che di partecipazione all’opposizione, avrà buone probabilità di raccogliere ancor più voti di quanti guadagnati domenica e lunedì scorso.

Nel caso in cui Bersani non dovesse riuscire a formare un governo, il Presidente della Repubblica darà mandato al secondo classificato (centro destra) di formare un nuovo governo, ma se da una parte è complicata una convergenza tra centro sinistra e Movimento 5 stelle, dall’altra lo è anche tra quest’ultimi ed il centro destra.

Va detto inoltre che un governo dimissionario rimane in carica fino al giuramento del nuovo governo, circoscrivendo la propria attività all’ordinaria amministrazione.

Ciò per dire che, fino a che non si formerà un nuovo governo, il governo tecnico di Monti resterà in carica, anche se con un’attività molto limitata e che non consente la possibilità di portare avanti riforme di alcun tipo.

Tra le varie ipotesi che ho letto e sentito, vi è anche quella di un  governo tecnico bis, ipotesi che al momento sembra impossibile, sia perchè seguirebbe un altro governo tecnico (che deve rappresentare un evento eccezionale e non una regola), che perchè difficilmente godrebbe dell’appoggio della maggioranza del Parlamento.

Situazione complicata vero? in realtà lo è ancor di più.

Difatti, alcuni hanno avanzato l’ipotesi che si torni subito alle urne, ma in tal caso il Presidente della Repubblica dovrebbe sciogliere le camere, ma non può farlo poichè il regolamento glielo vieta negli ultimi 6 mesi di mandato (il cosiddetto semestre bianco).

Il mandato di Napolitano scade il 15 maggio, data troppo distante per poter aspettare: dev’essere trovata una soluzione prima, anche se temporanea.

Proprio per questo non si può nemmeno escludere che Napolitano rassegni le dimissioni per favorire un più rapido ritorno alle elezioni, ma anche tale ipotesi è accompagnata da molti punti di domanda, anche perchè non è detto che nuove elezioni possano portare a scenari diversi o migliori.

Inoltre, sarebbe quantomeno auspicabile arrivare alle nuove elezioni con una nuova legge elettorale.

Riassumendo, stando alle dichiarazioni dei vari protagonisti, le strade al momento sembrano le seguenti:

  • governo di minoranza presieduto dal centro sinistra che resterà in vita fino a quando troverà l’appoggio o dal centro destra o dal movimento 5 stelle: un governo simile è destinato a durare poco e di attuare solo parzialmente le riforme;
  • si continua a cercare di formare un nuovo governo senza successo, e nel frattempo continua a governare Monti ma limitatamente all’ordinaria amministrazione: pertanto, rischio paralisi che peraltro è lo scenario in cui ci troviamo da quando Monti ha rassegnato le dimissioni;
  • dimissioni anticipate di Napolitano e si torna alle urne, ma col rischio di arrivare ad esiti simili a quelli ottenute con le recenti elezioni.

I mercati chiedono stabilità e riforme, obiettivi che non sono certamente garantiti dalle tre ipotesi elencate.

Al momento, la soluzione in grado di offrire più solidità (o meglio, minor fragilità) è un accordo centro sinistra e centro destra, ma sarebbe comunque debole ed andrebbe a discapito delle riforme.

Per di più, si sta parlando di un’ipotesi già scartata da Bersani.

In sintesi, ogni scenario dei tre elencati sembrerebbe non deporre a favore di rialzi duraturi del nostro listino.

D’altra parte, dalle urne  è emerso il risultato meno gradito dai mercati: assenza di una maggioranza assoluta ed impossibilità di stringere alleanze post-elettorali in grado di garantire una governabilità.

Riccardo Fracasso

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