Domenica scorsa, come la maggior parte di voi saprà, la BCE, ipotizzando uno scenario avverso, ha evidenziato per MPS un deficit di 2,111 MLD rispetto ai parametri richiesti dalla Banca Centrale stessa.
E’ bene fare un po’ di chiarezza.
Dall’esame della BCE (il cosiddetto Comprehensive Assessment) emerge quanto segue:
- la banca ha superato l’Asset Quality Review (AQR – l’esame degli attivi al 31/12/2013), anche grazie al rafforzamento apportato dall’aumento di capitale, presentando un CET1 al 9,5% al 31/12/13, ben al di sopra della soglia minima richiesta dell’8%;
- la banca ha superato anche lo stress test ipotizzando lo scenario base (CET 1 di 8,8%, superiore anch’esso alla soglia dell’8%);
- in riferimento allo scenario avverso dello stress test al 2016, è stato invece rivelato un deficit di € 2,1 miliardi.
Ciò per precisare che l’esito dell’esame è stato solo parzialmente negativo e che la bocciatura non ha alcun riferimento con l’attuale solvibilità dell’istituto senese.
Inoltre, ha sollevato alquante perplessità la rigidità con la quale è stato delineato lo scenario avverso per il settore bancario italiano.
Il fatto stesso che una banca che passa a pieni voti i primi due esami riceve una bocciatura così pesante per il terzo dimostra la severità (eccessiva?) con la quale è stato pensato lo scenario avverso.
Il piano di risanamento di MPS è in atto ormai da qualche anno, con taglio dei costi, dismissioni di asset non strategici ed il recente aumento di capitale.
Quanto sta succedendo è la dimostrazione di come un organo internazionale con le proprie decisioni possa complicare anziché agevolare la strada di risanamento che un’azienda sta già percorrendo.
Comunque sia, la risposta del mercato è stato un’ondata impressionante di vendite: -39,2% in una sola settimana!
In una simile situazione, ricercare il fondo non ha senso.
Ne ha però fare altre considerazioni.
La reazione del mercato è tipica di una situazione di estremo panico in cui gli investitori ipotizzano anche l’ipotesi di un default.
Quello azionario è un mercato piuttosto volatile, tendenzialmente emotivo e non è raro che menta.
Il mercato obbligazionario è invece meno volatile (essendo molto più liquido), più razionale e quasi sempre sincero.
Questa premessa mi consente di introdurre la regola secondo cui il rischio di default non è segnalato dal crollo delle quotazioni azionarie ma da quelle obbligazionarie.
Un esempio: l’azione Lehman Brother poco prima di fallire (2008) perdeva il 95% dai massimi e le sue obbligazioni il 70%.
D’altro canto, Unicredit nel gennaio del 2012 arrivò a perdere il 95% dai massimi (maggio 2007) ma ‘solo’ il 25% per quanto riguarda i suoi bonds; in buona sostanza, il titolo azionario scontava un fallimento mentre i bonds (asset più sincero) no.
Evidentemente il sentiment sul titolo era eccessivamente negativo e la situazione si rivelò un’ottima occasione per l’acquisto.
La storia ci racconta che Lehman fallì mentre Unicredit no ed il titolo si raddoppiò in circa un mese.
Nelle ultime settimane i bond di MPS (compresi i subordinati) hanno subito un deciso calo ma comunque di dimensioni estremamente inferiori a quello subito dalle obbligazioni della Lehman prima di fallire.
A meno che non si pensi realmente al fallimento di MPS (ed il mercato obbligazionario al momento non ce lo sta segnalando), i margini di recupero di MPS sono elevatissimi e lo si potrà vedere, a mio avviso, nel momento in cui si farà chiarezza in merito al piano che la banca consegnerà alla BCE entro il 10 novembre.
Riccardo Fracasso
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