Mercati: come sarà il 2014?
Certamente non conosco la risposta alla domanda del titolo, ma giunti a questo punto ritengo di disporre di sufficienti elementi per formulare ed esporre quella che, a mio avviso, è un’ipotesi credibile in merito all’andamento dei mercati nel corso del 2014.
Tanto per chiarire, ribadisco che nessuno, ben che meno io, conosce il futuro.
Qualsiasi analisi, anche la più ponderata, ha il ‘semplice’ obiettivo di identificare lo scenario futuro che in quel momento appare più probabile.
Inoltre, va ricordato che nessuno è in grado di prevedere con certezza eventuali provvedimenti da parte delle banche centrali o più in generale eventi in grado di incidere pesantemente sull’economia e, di riflesso, sull’andamento dei mercati finanziari.
Pertanto, qualsiasi previsione di lungo termine indica uno scenario che va costantemente monitorato, messo in discussione e, se necessario, modificato.
Lo scenario si potrebbe articolare in tre diverse fasi.
Prima fase: la correzione
Da diverso tempo s’era scritto della necessità di una correzione significativa, legata all’avvio del tapering ed al rialzo pressoché ininterrotto di molti mercati, in primis quello americano.
La correzione parrebbe essersi avviata nella settimana appena conclusa e potrebbe essere decisa e veloce.
In questa fase la volatilità e l’oro potrebbero proseguire il rialzo già avviatosi; ciò si traduce in un sano ritorno all’avversione al rischio.
In questa fase dovrebbe allargarsi nuovamente lo spread tra i rendimenti dei Paesi periferici (tra cui il nostro BTP) e gli altri (principalmente T-Bond e Bund).
Un calo dei BTP (quindi rialzo dei rendimenti) significa che probabilmente la discesa del nostro Ftse Mib sarà guidata principalmente dal settore bancario.
Seconda fase: ultimo rialzo
E’ mia opinione che lo storno in corso dei mercati azionari lascerà posto ad un nuovo impulso rialzista per qualche mese, spinto da un contesto favorevole (politica economica mondiale espansiva, seppur in fase di ridimensionamento), dalla carenza di alternative convenienti e da un notevole ricorso alla leva.
Solo eventuali eventi imprevedibili e marcatamente negativi potrebbero accelerare gli eventi e trasformare la correzione descritta nella prima fase, in un’autentica inversione di lungo termine; tra gli eventi negativi, cito per esempio un improbabile default degli Stati Uniti (per mancato accordo in merito all’innalzamento del debito), spaccatura area euro, margin call da parte delle banche che andrebbero a far cadere quel castello di debito che in questi anni ha sostenuto lo spettacolare rialzo del mercato azionario americano (margin debt), ecc.
Ad ogni modo, tornando allo scenario più probabile, a primeggiare nel rialzo azionario in questa fase dovrebbero essere ancora i listini che nei precedenti anni sono rimasti più indietro (vedi Ftse Mib) e che dovrebbero andar a segnare massimi anche significativamente più alti di quelli recentemente registrati.
Inoltre, un altro listino che dovrebbe spiccare è il Giappone, laddove non è prevista una riduzione del corposo piano di stimoli tuttora in corso.
Diversamente, gli indici che negli ultimi anni hanno più corso (in primis quelli americani) potrebbero arrestare il proprio rialzo nei pressi del massimo precedente (1.850 per lo S&P 500), proprio come successe nel 2000 e nel 2007.
In questa fase di rinnovata e prolungata scarsa avversione al rischio, anche gli ultimi investitori potrebbero salire sul treno.
Il ritorno alla serenità implicherebbe un nuovo calo della volatilità e probabilmente dell’oro che potrebbero persino vedere minimi inferiori a quelli dell’ultimo anno.
Se così fosse, il rimbalzo dell’oro (e presumibilmente dei titoli auriferi) ipotizzato nella prima fase si rivelerebbe come un’occasione per alleggerire/azzerare eventuali posizioni in portafoglio.
In buona sostanza, questa è la fase degli eccessi (al rialzo per gli indici azionari e per il ricorso alla leva (margin debt) e, forse, al ribasso per la volatilità e l’oro).
In questa fase di maggiore propensione al rischio, gli investitori, alla ricerca di rendimenti attraenti, probabilmente torneranno ad acquistare i titoli di Stato emessi dai Paesi periferici (tra cui il nostro).
Il risultato di un simile comportamento spingerebbe lo spread a nuovi minimi di periodo.
Ciò mi porta a ritenere che sarà ancora una volta il settore bancario a guidare il rialzo dei listini periferici, tra cui ovviamente il Ftse Mib.
Terza fase: l’inversione
Al culmine della seconda fase, il mercato presenta un’avversione al rischio quasi inesistente.
Il rapporto tra rischio e rendimento potenziale è estremamente sbilanciato dalla parte del primo; il rischio, quindi, non è assolutamente compensato in misura adeguata dal possibile rendimento.
La leva è ai massimi storici.
A questo punto basta un refolo di vento per far cadere tutto, proprio quando la maggior parte degli investitori (il parco buoi) è ormai convinta della solidità del rialzo.
Non sono un analista ciclico e non so di certo dare una tempistica precisa alle varie fasi, ma i motivi per cui credo che l’inversione possa avvenire nel 2014 sono molteplici.
Innanzitutto quest’anno (entro la fine del primo semestre secondo le dichiarazioni della Fed) probabilmente terminerà la QE3 il che, osservando il passato, ha sempre coinciso con forti ribassi interrotti solo da nuovi piani di stimolo monetari, nuovi piani che parrebbero improbabili.
Gli effetti dell’attuale ridimensionamento (tapering) e del conclusivo azzeramento della QE3 si manifesteranno sull’economia e soprattutto sui mercati azionari.
Il contraccolpo di una minore liquidità non si farà sentire solo negli Stati Uniti.
Inoltre, a fine anno l’Area Euro dovrà fronteggiare diverse criticità.
Innanzitutto a novembre 2014 e febbraio 2015 scadranno i LTRO (finanziamenti a lungo termine a favore delle banche) emessi rispettivamente a novembre 2011 e febbraio 2012.
A meno di eventuali (possibili) rinnovi, ciò rappresenterà un notevole problema.
In una recente intervista il presidente dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana) Antonio Patuelli ha affermato che ciò non rappresenta un problema per le banche ma per i Paesi, chiarendo che gli istituti hanno parcheggiato le somme ricevute nei rispettivi titoli di Stato e che un eventuale smobilizzo, quindi, metterebbe in difficoltà lo Stato.
E’ innegabile che la liquidazione dei titoli di Stato rappresenti un problema per il Paese interessato (aumento rendimenti = maggior costo del debito) ma non va scordato che un loro deprezzamento incide inevitabilmente sui bilanci delle banche, essendo fortemente esposte proprio in titoli di debito emessi dal proprio Paese.
Inoltre, sempre parlando di banche, nella seconda parte dell’anno sono probabili consistenti aumenti di capitali che, solitamente, causano notevoli ondate di vendita.
L’entità di tali aumenti di capitale sarà legata da ciò che sarà deciso in merito alla questione LTRO precedentemente approfondita e dall’esito degli stress test.
Gli stress test sono iniziati a novembre del 2013 e dureranno ben 1 anno, per cui gli esiti si avranno proprio nella fase conclusiva del 2014.
Dalle recenti parole di Draghi parrebbe che saranno ben più severi dei precedenti e che finiranno per fare pulizia attraverso l’eliminazione delle banche più deboli.
In sintesi, nella seconda parte dell’anno, tra stress test, rimborso LTRO e aumenti di capitale, i titoli bancari potrebbero scendere vistosamente trascinando verso il basso i rispettivi indici.
In un simile contesto i rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi periferici tornerebbero a salire vistosamente.
In questa fase, vi sarà un notevole innalzamento della volatilità e l’oro, presumibilmente, invertirà definitivamente al rialzo, spinto principalmente dalla necessità degli investitori istituzionali di rifugiarsi.
Si assisterà al tanto temuto cambiamento da una fase risk on ad una risk off, con il passaggio da un sistema propenso al rischio ad uno avverso al rischio che penalizza gli asset più pericolosi e favorisce quelli più difensivi.
In questa fase il ricorso alla leva che finora aveva sostenuto il rialzo dei mercati azionari invertirà bruscamente e vi saranno continue margin call (chiamate di marginazione) che il più delle volte porteranno a vendite forzate dei titoli dati in garanzia che amplificheranno il calo che a quel tempo sarà in corso.
Riccardo Fracasso
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