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Il tasso d’interesse Bce è il tasso che la Banca Centrale Europea applica ai prestiti che concede direttamente alle banche commerciali.
Un rialzo è seguito da un logico aumento che le banche stesse applicano per erogare prestiti ad imprese e famiglie; viceversa per quanto concerne un ribasso.
Ne consegue che alla base di un ribasso dei tassi v’è il fine di invogliare l’accesso al credito, mentre un rialzo ha obiettivi opposti.
Nel primo caso la politica monetaria si definisce espansiva, tipica delle fasi di crisi, nel secondo caso restrittiva, caratteristica delle fasi inflattive.
Giovedì scorso (8 luglio N.d.r.) Trichet, presidente della Bce, come da previsione ha alzato i tassi d’interesse di un quarto di punto, portandoli dall’1,25% all’1,5%.
Tale decisione stride col già precario contesto economico in cui si trova l’UE, ma lo stesso Trichet la giustifica affermando che ‘nel breve periodo, ci sono segni di una pressione per la crescita dell’inflazione, soprattutto a causa delle quotazioni dell’energia e delle commodity’.
Ha tuttavia specificato che ‘sul medio-lungo periodo i prezzi al consumo dovrebbero rimanere sotto, o vicini, al 2%’, cioè il target dell’Istituto centrale e ‘sarebbe comunque sbagliato interpretare le mie parole come l’inizio di una serie di aumenti del costo del denaro’.
In buona sostanza la Bce prevede pressioni inflazionistiche sul breve periodo ma non sul medio-lungo, in quanto, a mio parere, ritiene probabile un rallentamento economico; nel caso ciò avvenisse, il recente rialzo dei tassi potrebbe rimanere l’ultimo di quest’anno e forse più.
E’ lecito chiedersi il perché Trichet abbia prediletto il problema ‘inflazione’ a quello del ‘rallentamento economico’.
Innanzitutto è bene ripetere, anche in questa occasione, che il primo mandato della Bce è quello di controllare il costo del lavoro.
In secondo luogo, da una parte è vero che tassi più alti sono sfavorevoli alla crescita, ma è pur vero anche che un aumento eccessivo dei prezzi ridurrebbe ancor più i consumi, frenando quindi in un secondo momento l’economia.
Alle banche centrali spetta quindi il difficile compito di calibrare al giusto livello i tassi, incombenza ancor più complicata nelle fasi, come l’attuale, in cui l’inflazione sale mentre l’economia rallenta.
Tali fasi, nei casi più gravi, sfociano nella stagflazione.
Non è nelle mie intenzioni sottovalutare le difficoltà della scelta e le motivazioni, ma, personalmente, non la condivido poiché il rialzo dei tassi, oltre a frenare l’economia, rende ancor più costoso il rifinanziamento statale dei debiti, proprio in un periodo in un cui è già enormemente difficile per alcuni stati raccogliere denaro.
Riccardo Fracasso
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