ITALIA: LA MANOVRA – Seconda ed ultima parte
Considerazioni
Tra le regole che noi di FINANZAEDINTORNI ci siamo autoimposti v’è quella di volerci distinguere da tutti quei blog e siti che, pur trattando temi finanziari, troppe volte sono utilizzati come veicolo per diffondere messaggi politici.
Tuttavia, finanza ed economia sono spesso fortemente influenzate dalla politica, per cui vi sono occasioni in cui risulta impossibile esimersi dall’esprimere giudizi.
L’approvazione della manovra è chiaramente una di quelle occasioni, e ciò che segue andrà appreso con una chiave di lettura puramente finanziaria:
· L’importo derivante dall’aumento delle tasse (60%) prevale a quello dei tagli della spesa (40%); non so se fosse possibile diversamente, ma una manovra che prevedesse una drastica riduzione dei parlamentari, e/o che per esempio coinvolgesse anche le province, non dico necessariamente con tagli trasversali ma accorpamenti o modifiche mirate, avrebbe quantomeno consentito un’incidenza superiore al 40% per quanto riguarda le minori spese pubbliche, liberando risorse per stimolare l’economia e richiedendo meno sacrifici agli italiani.
· I sacrifici richiesti ai cittadini sono decisamente superiori a quelli dei politici, oltre che più immediati.
· Positiva l’eliminazione dell’imposta dello 0,15% sulle transazioni finanziarie presente nel disegno di legge, che avrebbe creato enormi problemi di liquidità alla Borsa Italiana.
Bene anche che l’imposta sul deposito titoli non sia stata aumentata per i depositi inferiori a 50.000 euro (si parla addirittura di una no tax area fino ai 10.000 euro), ma, l’aumento per i portafogli superiori rappresenta di fatto una patrimoniale mentre avrei trovato più corretto l’innalzamento della tassazione sul capital gain.
In tal modo si sarebbe colpito un guadagno e non un patrimonio.
Inoltre, mentre nel disegno di legge era previsto per le banche un rialzo della tassazione sulle plusvalenze dal 12,5% al 35%, nella manovra non v’è traccia.
Probabilmente il 35% era eccessivo, ma un innalzamento avrebbe portato gli istituti finanziari a svolgere maggiormente la propria funzione di creditori, aiutando in particolar modo le PMI (piccole medie imprese).
· I problemi che riguardano l’Italia sono imminenti, ma le misure della manovra più sostanziose saranno effettuate solo nel biennio 2013-2014: il rischio di chiudere la stalla quando i buoi saranno già scappati è enorme.
· Pur condividendo che le misure prese per favorire la crescita (fondi per nuove infrastrutture, aiuti per le nuove imprese, ecc.) non siano assolutamente sufficienti per far ripartire il Paese, non appartengo alla categoria di persone che criticano la riforma per questo motivo.
La manovra è nata per ridurre il debito e cercar di fronteggiare la recente e crescente crisi di fiducia che, nelle ultime settimane, sta colpendo la nostra penisola; pertanto, è ovvio che la legge sia decisamente più volta a ridurre il debito che non a far crescere l’economia.
Si possono criticare gli interventi, proporne di diversi, ma, a mio parere, non si può scordare che la situazione nella quale ci troviamo è stata causata proprio dalla poca attenzione che si è avuta negli ultimi decenni nei confronti del bilancio.
E’ pur vero che senza ripresa, i benefici della manovra saranno fortemente sminuiti dalle minori entrate fiscali causate dal rallentamento economico.
E’ triste vedere che la politica occidentale abbia la caratteristica di cercare di risolvere i problemi solo quando sono irrisolvibili.
Sono decenni in cui i Governi dell’occidente, siano essi di destra, di centro e di sinistra, si indebitano oltre ogni limite, per ottenere i favori degli elettori, pur consapevoli che prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui l’oste avrebbe portato il conto.
Ebbene, quel momento è arrivato!
Riccardo Fracasso
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