S&P 500 vittima del protezionismo
Lo S&P 500 ha chiuso la seduta a 2.604 punti, registrando un -2,19%.
Il bilancio settimanale è pari ad un -1,38%.
Grafico:
L’eventuale rottura dei minimi segnati a Febbraio (2.532 punti) rappresenterebbe un forte segnale ribassista.
D’altro canto, già il cedimento della media mobile a 200 giorni, che finora ha respinto ogni accelerazione ribassista, rappresenterebbe un pre-segnale, una spia rossa che indicherebbe il pericolo di una perforazione imminente dei minimi.
Il recente calo settimanale ha riportato lo S&P 500 a ridosso della media mobile a 200 giorni.
Situazione da monitorare.
A preoccupare, nelle ultime settimane, è la decisa perdita di forza relativa della borsa americana rispetto a quelle europee, anomala in un contesto di rinnovata volatilità.
Tale anomalia trova una spiegazione nella guerra commerciale aperta da Trump.
A questo punto, allora, passiamo ad esaminare il rapporto tra la borsa americana e quella italiana:
Un breve riassunto:
L’anno scorso, a contatto dell’area di supporto, si indicò come probabile l’innalzamento della forza relativa della borsa americana rispetto alla nostra, da sfruttare attraverso una strategia market neutral (long S&P 500 e short Ftse Mib).
Esattamente a fine 2017, dopo mesi in cui il listino USA effettivamente sovraperformò il nostro, si propose la possibilità di alleggerire la posizione per incassare parte del guadagno, guadagno che garantisse un risultato positivo anche nel caso di una successiva chiusura in stop loss della parte restante.
Nelle ultime settimane appare chiara una perdita di forza relativa della borsa americana rispetto a quelle europee e più in particolare a quella italiana.
Dal punto di vista operativo il comportamento più corretto è quello di non intervenire e lasciare allo stop (violazione supporto) il controllo della posizione.
D’altro canto, è diritto di ogni singolo investitore decidere autonomamente come gestire le proprie operazioni.
Riccardo Fracasso
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