Ecco i dettagli dell’attesissimo annuncio del QE da parte di Draghi: 60 MLD al mese a partire da marzo e con scadenza stimata a settembre 2016 (in realtà il programma terminerà solo quando l’inflazione si sarà avvicinata al 2%).
Ad ogni modo, un programma che, calcolatrice alla mano, prevede un totale di 1.140 miliardi di euro.
L’ammontare è comprensivo dei piani già in corso, che prevedevano l’acquisto di ABS.
Gli acquisti saranno proporzionati ai debiti di ogni singolo Paese e riguarderanno titoli con scadenze da 2 a 30 anni.
Inoltre, i titoli acquistabili devono vantare un rating all’interno della categoria investment grade, il che esclude la Grecia e Cipro.
Tuttavia, esiste una clausola in base alla quale sono consentite deroghe per quei Paesi che presentano un giudizio inferiore a quello richiesto ma osservano un piano di rientro del debito concordato con la troika.
Il rischio sarà condiviso solamente per un 20% dalla BCE e per l’80% dalle singole Banche Nazionali.
In buona sostanza, Draghi ha spuntato un piano potenzialmente molto superiore alle attese (1.100 MLD contro i 600 MLD) in cambio di una minore condivisione di rischio (20% anziché 50%).
Il fatto che la Banca Centrale non si accolli totalmente il rischio legato agli acquisti dei titoli di stato rappresenta solo l’ultimo esempio di quanto la nostra Unione monetaria sia ben poco unita.
Tuttavia, il QE rappresenta un importante passo in avanti che, solo un anno fa, sembrava irrealizzabile.
Inoltre, a mio avviso, gli investitori sono molto più attenti all’entità del QE rispetto a chi assume il rischio dell’operazione, e l’andamento dei mercati (non solo azionari ma anche valutari) lo sta dimostrando.
Del nostro listino approfondiremo comunque domani, dopo la chiusura settimanale.
Riccardo Fracasso
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