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Ieri le parole di Draghi  alla riunione della BCE hanno confermato la tradizionale lentezza d’azione della Banca Centrale Europea.

Nessun annuncio particolare.

Ad ogni modo, sono stati toccati punti importanti.

Innanzitutto Draghi ha aperto alla possibilità, nei casi eccezionali, di supporti da parte agli Stati per sgravare le banche dei crediti inesigibili.

Come sempre i problemi italiani restano tali e l’Area Euro si conferma un’Unione non solidale.

Vedremo quando saranno le banche tedesche a trovarsi in seria difficoltà.

Ma, al di là di questo spiacevole aspetto, se tale strada è questa le conseguenze ricadrebbero inevitabilmente sui conti dello Stato e com’è possibile ipotizzare aiuti statali se già da qualche anno l’Unione Europea chiede un rientro del debito?

O si intensifica ulteriormente l’austerity (incremento tasse e minori servizi) o aumenta la flessibilità dei vincoli posti dall’Unione Europea che, però, avrebbe come conseguenza un aumento del debito col pericolo di passare il problema dal settore bancario allo Stato, il che ricadrebbe a sua volta sulle banche stesse.

C’è un ulteriore ragionamento da fare: il problema dei crediti inesigibili implica per le banche la necessità di reperire ulteriore liquidità il che ha come effetto una stretta creditizia (pericolo evidenziato recentemente anche dalla Confindustria) che, a sua volta, ha un impatto negativo sull’economia.

Gli effetti di una politica monetaria molto espansiva sono quindi ampiamente ridimensionati dalle difficoltà del settore bancario il quale, come ha ricordato ieri Draghi al termine della riunione della BCE, è il canale di trasmissione presso il quale è erogato l’80% del credito all’economia.

In altre parole, una politica monetaria può essere espansiva quanto si vuole ma, nel caso di stretta del credito da parte del settore bancario (con forte riduzione della velocità di circolazione della moneta), i benefici trasferiti all’economia reale sono molto attenuati.

Riccardo Fracasso

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