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In queste ore si sta discutendo la possibilità di inserire, tra i provvedimenti della Legge di Stabilità, l’innalzamento del capital gain dal 20 al 22%.

Ricordo che, non più tardi di inizio 2012, l’aliquota era già stata portata dal 12,5 al 20%.

Personalmente sono convinto che sia assolutamente più giusto tassare un guadagno piuttosto che un investimento a prescindere dal risultato ottenuto.

In tale ottica, il capital gain rappresenta una tassa giusta.

Purtroppo, però, se consideriamo l’innalzamento del capital gain all’interno dell’intero trattamento fiscale legato agli investimenti finanziari, la situazione diventa ben meno tollerabile.

Di seguito l’elenco delle tasse che attualmente colpiscono gli investimenti mobiliari:

  • capital gain;
  • imposta di bollo;
  • tobin tax.

A partire dal 2013 l’imposta di bollo (in precedenza si pagavano 34,2 euro) è stata innalzata in misura tale da poterla considerare una mini-patrimoniale sugli investimenti.

Quindi si applica una tassa ad un patrimonio a prescindere dal fatto che esso generi o meno reddito.

Peraltro, tale tassa è nata come misura temporanea ma, spero di sbagliarmi, vedrete diventerà, come sempre accade in Italia, un provvedimento permanente (d’altra parte, se  sul prezzo dei carburanti grava ancora la accisa legata alla guerra in Abissinia, perché illudersi?).

La tobin tax è invece una tassa che dal Marzo 2013 colpisce gli acquisti dei titoli emessi da società con grande capitalizzazione (a meno di vendita in giornata); da Luglio colpisce anche i derivati (sia l’acquisto che la vendita)..

Quindi si applica una tassa su una transazione indipendentemente dal fatto che essa produca o meno un guadagno.

Riassumendo, se il signor Rossi acquista azioni Telecom e non le rivende in giornata, paga inizialmente la Tobin tax (imposta su transazione).

Al tempo stesso, durante l’intero periodo in cui conserva le Telecom, su di esse grava l’imposta di bollo (imposta su patrimonio).

Infine, se ha la fortuna di venderle in guadagno, paga il capital gain (imposta sul guadagno).

Questa è una delle tante dimostrazioni di ciò che significa Austerity.

E pensare che prima del 2012 gli investitori pagavano esclusivamente il 12,5% sul capital gain e 34,2 euro di imposta di bollo all’anno.

Sembrano trascorsi decenni.

Io condivido l’aumento del capital gain, ma collocandosi all’interno di un ben più ampio sistema fiscale che colpisce anche le transazioni ed il capitale a prescindere dai risultati ad essi legati, diventa misura insopportabile.

E ancor più inaccettabile diventa se si pensa ad aspetti fiscali come quello che nega la possibilità per chi genera minusvalenza vendendo un titolo in perdita, di compensarla con un’eventuale plusvalenza derivante dalla liquidazione di una sicav.

O ancor peggio, se si pensa al trattamento fiscale legato agli ETF, che rappresenta un’autentica presa in giro.

Sarebbe il caso che lo Stato prima di decidere a favore di un nuovo innalzamento del capital gain, ponesse rimedio a tutti gli aspetti fiscali contorti che rappresentano un trattamento ingiusto per gli investitori.

Se assistessimo all’eliminazione della tobin tax, dell’imposta di bollo e di tutti quegli aspetti contorti previsti dal trattamento fiscale sugli investimenti mobiliari, diverrebbe accettabile un innalzamento del capital gain anche più sostanzioso (per es. al 25%) di quello che si sta discutendo, ma visto e considerato che non c’è la volontà di percorrere tale strada, anche un rialzo più contenuto rappresenta misura insopportabile.

Riccardo Fracasso

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