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La valuta è un’unità di scambio che ha lo scopo di facilitare il trasferimento di beni e servizi, ed è emessa da ciascuna nazione o gruppo di nazioni (vedi euro) di norma attraverso la Banca centrale.
Una nazione può dichiarare a corso legale la valuta di un altro paese (ad esempio, il dollaro statunitense è la moneta legale di Panama), processo che viene indicato con dollarizzazione.

Il rapporto tra due valute può essere:

·    incerto per certo:  quando  è utilizzata come base di cambio un ammontare fisso di valuta estera;
·    certo per incerto:  quando  è utilizzata  come  base di cambio  un  ammontare fisso della moneta locale.

Si parla di cambio valutario quando il rapporto contiene il dollaro; si parla di cross valutario quando il rapporto non contiene il dollaro.
In passato, per cambiare una valuta era necessario prima convertirla in dollari USA e successivamente convertire i dollari nella moneta desiderata.
L’invenzione dei cross valutari ha permesso di convertire direttamente la propria valuta con quella desiderata eliminando il passaggio intermedio in dollari.
Il valore della valuta è direttamente proporzionale alla sua richiesta; quando aumenta la domanda di una moneta ne aumenta il valore, quando diminuisce la domanda ne diminuisce il valore.
Le previsioni di breve periodo (3-6 mesi) delle valute, ancor più di quelle delle azioni, sono abbastanza inaffidabili, poiché in un arco temporale ristretto i cambi tendono ad assumere valori non conformi ai fondamentali.
Pertanto, per le azioni, e soprattutto per le valute, nel breve periodo è meglio affidarsi all’analisi tecnica.
Solo nel medio-lungo periodo, le valutazioni tendono ad allinearsi in base ai fondamentali.

Andiamo ad analizzare tali fondamentali.

I capitali si dirigono in quei paesi in cui lo stato dell’economiaè forte, quindi ad una  robusta economia, solitamente, corrisponde una forte valuta.

Di norma il rialzo dei tassi determina il rafforzamento della valuta poiché la crescita degli interessi rende più appetibile gli investimenti meglio remunerati.
Nonostante quanto detto, se la motivazione dell’innalzamento dei tassi di interessi non è quella di raffreddare l’economia e quindi di contenere l’inflazione,  ma è quella di rendere più appetibili i propri titoli di stato agli occhi di un  mercato sempre meno disponibile a fornire credito ad un emittente che ritiene poco affidabile, la valuta è destinata a crollare.

Viceversa, l’accrescere dell’affidabilità di uno Stato, in linea generale, provoca un apprezzamento della valuta: uno Stato con un debito ed un deficit sotto controllo, è logicamente ritenuto più affidabile di un Paese con pessimi bilanci.

Infine, ultimo fondamentale in grado di influire sulla valutazione di una moneta è rappresentato dal flusso commerciale/finanziario con il resto del mondo: se sono maggiori gli investimenti commerciali/finanziari che il resto del mondo fa con uno stato rispetto a quelli che lo stato stesso fa con l’estero, la valuta del Paese, a parità di condizioni, tende ad apprezzarsi.

Oscillazioni eccessive, sia al rialzo sia al ribasso, del valore di una moneta sono nocive per l’economia del relativo paese; la banca centrale per ovviare a tale problema interviene nel seguente modo: se la moneta si apprezza eccessivamente, danneggiando gli esportatori, acquista valuta estera offrendo la propria moneta, se al contrario la moneta si deprezza eccessivamente, penalizzando gli importatori, acquista la propria moneta in cambio di riserva valutaria.

Tuttavia, se il controllo del cambio è eccessivo, e la valuta si allontana troppo dal valore ritenuto corretto, ci si espone a forti rischi: i grossi speculatori, possono sfruttare l’anomalia forzando il mercato, investendo somme ingenti,  acquistando una valuta altamente sottovalutata o vendendo allo scoperto una moneta vistosamente sopravvalutata.
Se l’operazione riesce il trend si inverte pericolosamente dando vita ad un movimento tanto più ampio quanto più ampia è la sottovalutazione o la sopravvalutazione della valuta.
La più famosa operazione di questo tipo vide protagonista George Soros che il 16 settembre 1992 mentre la Bank of Engald sosteneva la divisa britannica, vendette allo scoperto più di 10 miliardi di sterline inglesi. Si innescò così un trend ribassista tale che la Banca d’Inghilterra non fu più in grado di sostenere la valuta subendo un forte aumento dei prezzi per gli importatori.

 

All’interno del blog potrete accedere a:
  • TEMPO REALE => VALUTE => EUR/USD (grafico)

 


BIG MAC INDEX


Uno degli indici economici più curiosi creato negli ultimi anni è ‘l’indice Big Mac’. L’indice, creato dalla prestigiosa rivista Economistnel 1986, è ancora oggi ampiamente utilizzato ed è pubblicato con cadenza mensile.
L’indice serve a comparare il potere di acquisto di una valuta rispetto all’altra assumendo come riferimento un bene internazionale.
E’ stato scelto quindi il Big Mac, un bene fatto con gli stessi ingredienti in tutto il mondo e venduto e consumato ovunque ma a prezzi diversi.
La teoria dice che i rapporti di cambio tra le valute dovrebbero aggiustarsi automaticamente affinchè un medesimo insieme o paniere di beni abbia lo stesso costo nelle due valute. Se ciò non accade significa che una delle due valute è sopravvalutata rispetto all’altra.

L’indice non è esente da imperfezioni perchè non tiene conto di alcune variabili come ad esempio i gusti  di un paese rispetto all’altro , la concorrenza , tasse locali, livelli di competizione, e dazi sull’importazione ecc., fattori che influenzano  il consumo e di conseguenza il prezzo di vendita .
Tuttavia, l’indice Big Mac, nella sua semplicità e nonostante i suoi limiti, è considerato piuttosto attendibile, tanto da esser usato ampiamente dagli economisti.

Nel gennaio 2004, The Economist ha introdotto un indice gemello, l’Indice Tall Latte. L’idea è la stessa, ma il Big Mac è sostituito da una tazza di caffè della Starbucks, riconoscendo la diffusione globale della catena negli ultimi anni. Con uno spirito simile, nel 1997, il quotidiano tracciò una “mappa della Coca-Cola“, che mostrava una forte correlazione positiva tra la quantità di Coca-Cola consumata pro capite in una nazione e il benessere di tale nazione.




CICLO DELLA VALUTA

Immaginiamo ora una situazione che ha come caratteristica la presenza di un valuta debole. 

La valuta debole favorisce gli esportatori che esportano a prezzi molto concorrenziali e penalizza gli importatori che importano a prezzi alti.
Di conseguenza, in linea generale, si rafforza l’economia; l’economia forte fa entrare ingenti capitali nel paese, aumentano i consumi, l’inflazione e si apprezza la valuta.
La banca centrale per combattere l’inflazione interviene aumentando i tassi; il loro aumento rallenta l’economia e avvalora ulteriormente la valuta poiché i capitali tendono a dirigersi dove sono meglio remunerati.
La valuta forte però favorisce gli importatori ma penalizza gli esportatori.
Di conseguenza s’indebolisce l’economia; l’economia debole fa uscire ingenti capitali dal paese, diminuiscono i consumi, l’inflazione e si deprezza la valuta.
La banca centrale per stimolare i consumi e l’economia taglia i tassi; tale taglio  favorisce l’economia e deprezza ulteriormente la valuta.

        
Pertanto, una valuta debole favorisce le esportazioni, poiché rende convenienti i prezzi, ma ci sono pure dei possibili svantaggi da non trascurare:

·      una valuta eccessivamente debole allontana gli investitori dalle sottoscrizioni  obbligazionarie del Paese in questione che, quindi, faticando a raccogliere denaro e eleva i tassi per invogliare il mercato;
·     può generare inflazione a causa di un eventuale crescita economica, che di norma è seguita da un rialzo dei tassi;
·     un discorso a parte merita il dollaro, la cui debolezza, anche se non fosse in grado di far crescere l’economia, causerebbe l’apprezzamento delle materie prime (denominate, per l’appunto, in dollari)  finendo ugualmente per importare inflazione a quei paesi che le importano e costringendoli ad alzare i tassi d’interesse per contenerla.
·     Inoltre, l’aumento delle materie prime rappresenterebbe un aumento dei costi per le aziende, che si vedrebbero costrette ad aumentare i prezzi vanificando il vantaggio derivante dal dollaro debole.

In sintesi, una valuta debole è un terreno assai fertile per un successivo aumento dei tassi, che costituisce un costo notevole soprattutto per quei paesi che hanno un forte indebitamento.
Seppur difficilissimo da realizzare, è necessario ottenere il giusto equilibrio sul tasso di cambio, in grado di favorire le esportazioni nei momenti di rallentamento economico, ma allo stesso tempo di evitare eccessi che alimentino l’inflazione.
La valuta è infatti uno degli strumenti sui quali le banche centrali intervengono per influenzare l’economia, cercando di deprezzarla nei momenti di difficoltà, e favorendone l’apprezzamento per raffreddare i prezzi.

 

CARRY TRADE

Il carry trade consiste in un’operazione finanziaria con la quale ci si approvvigiona di liquidità in un Paese a costo del danaro basso e la si impiega in titoli obbligazionari di un Paese con alti tassi di interesse.
Per esempio, si possono prendere a prestito degli yen, pagando solo l’1%, convertirli in dollari australiani che rendono il 7-8%, e lucrare così la differenza di rendimento.
Naturalmente, c’è un rischio valutario: la convenienza dell’operazione dipende dal cambio.
Se prima della scadenza lo yen si rivaluta per più della differenza di rendimento, l’operazione è in perdita.
É interessante notare, tuttavia, che di per sè il carry trade tende all’opposto, ossia a deprimere il cambio dello yen, dato che comporta la vendita di yen contro altra valuta, e quindi esalta la convenienza dell’operazione.
Il cambio però dipende da molti altri fattori, e il carry trade si fa solo quando i mercati sono favorevoli all’assunzione di rischio.
Se fatto su larga scala, il carry trade può portare a movimenti destabilizzanti fra le valute, sia nella fase crescente che quando i carry trade vengono ‘smontati’ perché si temono apprezzamenti nella valuta di rifornimento.

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