PIL: anche i ricchi piangono
In settimana sono stati diffusi i dati sul PIL della Francia e della Germania.
Precisamente, si tratta della rilevazione trimestrale rispetto al trimestre precedente.
Personalmente ritengo più affidabile confrontare le rilevazioni trimestrali con quelle di un anno prima (per esempio la rilevazione trimestrale II trimestre 2014 con quella del II° trimestre 2013) anziché col precedente trimestre.
Ad ogni modo, i dati sono entrambi inferiori alle attese, col PIL francese piatto (previsto +0,1%) e quello tedesco a -0,2% (previsto -0,1%).
L’ultima rilevazione negativa tedesca risale al quarto trimestre del 2012.
Di seguito un passaggio dell’articolo ‘Uscita Area Euro Italia: la Germania lo vuole?’ che pubblicai nel marzo 2013:
“In tutti questi anni la Germania, grazie all’unità monetaria ed alla maggior competitività (di cui bisogna darle merito) s’è avvantaggiata del maggior ricorso all’indebitamento in particolar modo dei Paesi meridionali (Grecia, Spagna, Italia, Portogallo) e l’ha fatto in modo del tutto gratuito, ossia senza pagare il conto che consiste nell’apprezzamento della propria valuta (il che, come detto, avrebbe rappresentato uno svantaggio sulle esportazioni).
Dall’altra parte i Paesi meridionali hanno subito la maggior competitività di Paesi come la Germania senza godere della naturale svalutazione della propria moneta.”.
In più occasioni in questo blog s’era comunque sostenuto come col tempo l’economia tedesca avrebbe inevitabilmente finito per risentire della crisi economica dell’Area Euro.
Difatti, appare ovvio come un Paese subisca la crisi degli Stati presso cui esporta in misura molto significativa.
Questo aspetto probabilmente non è stato considerato con la dovuta attenzione dai governatori tedeschi.
Comunque sia, non tutto il male vien per nuocere: i preoccupanti dati economici dovrebbero spingere la BCE ad anticipare e/o intensificare eventuali misure espansive.
Per di più, il principale obiettivo della Banca Centrale Europea (il contenimento dell’inflazione entro il 2%) non risulta assolutamente in pericolo.
Infatti, l’ultima rilevazione a 0,4% indica il pericolo opposto, quello della deflazione.
Anche questo facilita un eventuale intervento da parte di Draghi.
Una simile situazione dovrebbe favorire l’indebolimento dell’euro ed un rialzo da parte delle borse europee.
Riccardo Fracasso
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