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Partiamo subito col grafico dello S&P 500:

L’indice americano ha chiuso a 1.408 punti, registrando un +0,37%.

Il bilancio settimanale è pari ad un +0,81%.

Ultime sedute:

 

Rispetto alla precedente settimana nulla è cambiato per quanto riguarda i trends: quello di breve resta ribassista mentre quello di medio e di lungo rimangono rialzisti.

La scorsa settimana si era sottolineata la notevole maggior forza dello S&P rispetto al Ftse Mib, spingendoci a affermare quanto segue:

“Già da quanto scritto finora si può notare una vistosa maggior forza relativa dello S&P 500 rispetto a quella del nostro debole indice:

  • durante la settimana il nostro indice ha invertito tutti e tre i trends, mentre quello americano unicamente quello di breve;
  • il calo settimanale del Ftse Mib è stato del 3,49% mentre per lo S&P 500 di appena mezzo punto percentuale;
  • il nostro listino si trova già ora, ad inizio correzione, talmente vicino alla media mobile a 200 giorni da renderne altamente possibile una sua rottura (il che, come più volte affermato, rappresenta un elemento altamente negativo), mentre il listino americano si trova ad una notevole distanza di sicurezza.”.

 

Si sosteneva però che:

“Ad ogni modo, mi attendo una correzione che sia almeno degna di tale nome per lo S&P 500, e che non si limiti ad un -0,5% (in tal caso certamente non si può parlare di correzione ma di oscillazione insignificante).”.

Se da una parte la settimana appena conclusa ha realmente confermato una vistosa maggior forza relativa del listino americano rispetto al nostro, dall’altra è pur vero che la correzione da me attesa al momento non solo non s’è manifestata ma ha lasciato il posto ad un lieve rialzo che ha portato persino a ritoccare, seppur leggermente, i massimi di periodo, salendo nel corso della seduta di martedì fino a 1.419 punti.

Se da una parte tale forza è motivata dal fatto che gli Stati Uniti se la passino (per il momento !!!) meglio dei Paesi dell’Unione Europea, dall’altra c’è da dire che non esistono sufficienti motivi per giustificare un rialzo che da oltre 3 mesi non è mai stato interrotto da una correzione di almeno 5 punti percentuali !

E con ciò non voglio dire che tale ritracciamento avverrà a breve, ma che il mercato è pilotato dalle mani forti, che intervengono come pompieri contenendo la volatilità quando sembra pronta ad esplodere, e tutti sappiamo che in presenza di lievi oscillazioni è molto più probabile salire anziché scendere; certo, non si vedono grandi rialzi giornalieri, ma comunque si ha una serie costante di piccoli passi in avanti.

La maggior parte degli investitori si intimorisce quando assiste a grossi sbalzi ribassisti, e, se c’è qualcuno (le mani forti) che fa in modo che essi non si verifichino, difficilmente si scende.

E’ pur vero che in tale contesto la diffusione di impreviste notizie altamente negative possano rendere impossibile il tentativo delle mani forti, finora riuscito, di evitare il panico sul mercato; a quel punto la volatilità schizzerebbe ed il rischio di una violenta correzione sarebbe davvero concreto.

Tuttavia, al momento sembra che notizie di tale calibro siano improbabili (hanno recentemente allungato l’agonia della Grecia scongiurando, per il momento, una sua uscita dall’Euro, e le aste della BCE hanno allontanato i problemi di liquidità delle banche).

Per completezza di informazione: il Vix (indice della volatilità dello S&P) venerdì ha chiuso a 15,5% mentre il VSTOXX (indice della volatilità dell’EUROSTOXX) a 22,55.

Ora andiamo a fare l’analisi dei volumi sui prezzi dello S&P prendendo, come ieri, il grafico a tre mesi:

 

 

Come potete notare, seppur l’indice sia giunto da poco tempo a tali livelli, si ha una concentrazione importante di volumi poco sopra ai 1.400 punti.

Il livello è sotto il prezzo, il che ci porta a considerare il mercato come rialzista.

Difficilmente si scenderà in modo convinto al di sotto di tale fascia di prezzi, specialmente se prima non si accumuleranno dei volumi in testa.

E, se anche si dovesse assistere alla perforazione di questo livello, poco sotto a 1.370 punti v’è un altro POC a frenare la discesa.

In sintesi, riassumendo quanto scritto negli articoli di questo finesettimana, confermo la debolezza (naturale) del nostro listino e la forza (artificiale) dello S&P.

In quest’ottica non è finanziariamente sbagliato attuare una strategia di pairs trade (apertura simultanea di una posizione rialzista e di una ribassista) andando long sull’indice americano e short sul nostro listino.

Riccardo Fracasso

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