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Nessuna sorpresa con la riunione della FED che mantiene i tassi al 5,25-5,5%, massimi degli ultimi 22 anni.

Il presidente Powell ha parlato di un mercato del lavoro solido, seppur in rallentamento, e un obiettivo dell’inflazione (2% nel lungo termine) ancora da raggiungere.

Le proiezioni attuali della Fed prevedono un altro rialzo entro fine anno (5,5-5,75%) e solo due tagli nel 2024, anziché i 4 previsti solo tre mesi fa, a giugno.

Ciò sta a significare tassi alti più a lungo.

Va da sé che stime di questo tipo agiscano da freno per la ripartenza del mercato obbligazionario; freno che verrebbe meno nel momento in cui la Federal Reserve dovesse far capire che il percorso di rialzo dei tassi è concluso, consentendo un buon apprezzamento dei bond.

Personalmente ritengo che col passare del tempo l’attenzione della Banca Centrale americana, finora focalizzata principalmente sulla necessità di contenere l’inflazione, dovrà spostarsi sempre più sulla crescita in generale e nello specifico sul mercato del lavoro (ricordiamo il segnale negativo scattato a inizio settembre).

Quando ciò accadrà, se non prima, le valutazioni dei titoli azionari dovranno riallinearsi con i rispettivi fondamentali.

Peraltro, in più occasioni in passato Powell ha ammesso come un peggioramento economico rappresenti un male necessario per contenere l’inflazione stessa, e la storia economica conferma tale tesi.

In altre parole, appare utopistico sperare di raggiungere l’obiettivo di un’inflazione al 2% nel lungo termine senza attraversare una crisi economica.

Riccardo Fracasso

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