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Il PIL è  il valore complessivo dei beni e dei servizi prodotti sul territorio nazionale in un determinato periodo.
Se a tale valore  si decurta la componente inflazione otteniamo il PIL reale.
Il PIL potenziale è invece la massima capacità produttiva di un Paese; in altre parole è ciò che uno Stato potenzialmente potrebbe produrre a pieno regime.
Un PIL reale uguale o superiore al PIL potenziale è indicativo di un Paese che nel periodo in questione sfrutta al massimo la propria capacità produttiva; ciò rappresenta una fase di espansione, ma allo stesso tempo un’economia piuttosto ‘tirata’, con limitati o nulli margini di ulteriore crescita.
Solitamente, infatti, il PIL reale è inferiore a quello potenziale.
Analizzando il grafico si può notare come il PIL reale (linea blu) degli Stati Uniti da gennaio 2011 abbia superato il PIL potenziale (linea rossa) e tuttora transiti sopra.
Tuttavia, è possibile anche osservare come da ottobre 2010  stia correggendo ed il divario da quello potenziale sia vistosamente calato.
 
 
Certo,  nel periodo 2003-2006 il PIL reale è rimasto  superiore a quello potenziale per ben 4 anni, ma è pur vero che in quella fase fu sostenuto da una politica monetaria assolutamente espansiva, con frequenti tagli dei tassi.
Attualmente, invece, con tassi pari allo 0-0,25% non v’è chiaramente margine di manovra; c’è di peggio: gli Stati Uniti, come tutti i paesi occidentali, dovrà  migliorare i propri bilanci tagliando anche le risorse destinate  a sostenere la ripresa che già ora si dimostra in difficoltà
Tutto ciò per affermare che la fase migliore dell’economia va esaurendosi o si può già considerare esaurita. Riccardo Fracasso

 
 
 
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