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Chissà quante volte negli ultimi anni avrete sentito o letto affermazioni simili a questa: “Per trovare una crisi di dimensioni analoghe all’attuale è necessario risalire a quella del 1929.”.

Oggi approfondirò una delle più importanti analogie tra le due crisi: quella avviatasi nel 1929, come l’attuale, presentava un sistema bancario assai vulnerabile, che sfociò talvolta in episodi fallimentari, con pesanti ricadute sui risparmi dei correntisti ed ovviamente sull’economia reale.

Pertanto, al tempo, come oggi, v’era l’esigenza di rendere più sicuri i risparmi; potrebbe quindi rivelarsi utile osservare come 80 anni fa fu fronteggiato lo stesso problema che stiamo vivendo da qualche anno.

A tal fine, Roosvelt (al tempo presidente degli Stati Uniti) nel 1933 varò la Glass-Steagall Act, una legge che separava le banche commerciali da quelle di investimento attraverso il divieto di impiegare i risparmi dei cittadini in attività diverse da quelle dell’erogazione del credito.

Tale divieto fu introdotto in Italia nel 1936 attraverso la cosiddetta ‘Riforma Menichella’ (che prese il nome dall’allora direttore generale dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale, successivamente nominato, nel 1947, Governatore della Banca d’Italia).

Nel 1999 il presidente degli Stati Uniti Clinton abolì la Glass-Steagall Act approvando la Gramm-Leach-Bliley act (chiamata anche legge per la modernizzazione dei servizi finanziari o Citigroup act), un provvedimento che eliminava il divieto alle banche commerciali di effettuare investimenti speculativi.

In altre parole, in un sol giorno si tornò indietro di oltre 60 anni.

In Italia, lo stesso passo indietro fu compiuto già qualche anno prima (1993), su iniziativa di Mario Draghi (al tempo direttore generale del tesoro nel governo Ciampi), abolendo la cosiddetta Riforma Menichella, in accoglimento della II direttiva CEE del 1992.

Anche in tal caso venne quindi rimossa la separazione tra banche commerciali e banche d’investimento, così come avvenne nel resto d’Europa.

Ricomparve così la figura della banca mista, che può investire il denaro raccolto  dai correntisti  anche in operazioni pericolose, come per esempio quelle dei derivati.

Lo scopo era semplice: regalare alle banche uno strumento in grado di offrire  guadagni potenzialmente notevoli.

Guadagni notevoli spesso hanno significato e significano tuttora bonus milionari a favore dei manager; ecco spiegato il motivo per cui alcuni di loro (non tutti e non sempre, sia chiaro) talvolta hanno azzardato ed azzardano operazioni con rendimenti potenziali elevatissimi.

Tuttavia, la reintroduzione delle banche miste presenta un rovescio della medaglia con aspetti ben poco piacevoli:

  • a fronte di rendimenti potenziali più elevati sussistono rischi maggiori, che possono causare minusvalenze consistenti e nei casi più gravi crac bancari (basti pensare alle esposizioni di alcune banche con i mutui subprime nei primi anni della crisi in corso);
  • le maggiori probabilità di default delle banche rappresentano anche rischi più alti per i correntisti;
  • un ampio ventaglio di alternative di impiego a disposizione delle banche riduce ovviamente la liquidità disponibile all’attività di credito con ovvie ripercussioni sull’economia reale.

In sintesi, l’abolizione della Glass-Steagall Act e della riforma Menichella sono l’ennesima dimostrazione di autorità che privilegiano gli interessi delle banche  a quelli dei correntisti (famiglie e imprese), con logici contraccolpi all’economia reale.

A mio avviso è necessario che i Paesi ristabiliscano la separazione tra banche commerciali e banche d’affari, varando una riforma bancaria che ricalchi la Glass-steagall Act e la Riforma Menichella,

Non mi sfugge che ciò avrebbe  impatti negativi sui bilanci delle banche (e quindi violenti vendite in borsa), ma al tempo stesso ne ridurrebbe i rischi alle sole insolvenze per credito e favorirebbe una maggiore erogazione ad imprese e famiglie (va comunque detto che ciò non eviterebbe strette creditizie nei periodi di crisi, ma perlomeno le ridimensionerebbe).

Tuttavia, considerando gli interessi in gioco ed il forte legame che spesso lega gli esponenti politici alle banche, sarà quantomeno complicato raggiungere una simile riforma.

Concludo rimarcando un aspetto importante: come precedentemente scritto, i Paesi Europei hanno eliminato il divieto delle banche ad investire i soldi dei correntisti su recepimento della II direttiva della CEE del 1992.

Per chi non lo sapesse è dalla CEE che nacque l’Unione Europea, quella stessa Unione Europea che viene tanto osannata da molti!

Riccardo Fracasso

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