Negli ultimi mesi è sempre più in voga la moda dell’europeismo.
Ed ecco così che tutte (o quasi) le forze politiche, chi più chi meno, si affannano a sottolineare che al centro dei loro programmi v’è l’Europa.
Sembra bello da leggere, ma vediamo che significa essere in Europa e che vuol dire lasciarsi guidare da essa.
Per gli Stati membri dell’area Euro l’adesione ad una moneta unica ha significato, tra l’altro, rinuncia alla sovranità monetaria (chi volesse approfondire o ripassare l’argomento può scaricare l’e-book MMT).
In altre parole, dal 1° Gennaio 2001, ogni Stato aderente non può emettere moneta, diritto che compete alla sola BCE.
Nei periodi di crisi spesso si creano dei vuoti di liquidità ed è compito della Banca Centrale colmarli emettendo moneta dal nulla.
Purtroppo, la Banca Centrale Europea si guarda bene dal farlo per paura di creare inflazione, con la compiacenza della Germania.
Quindi, i Paesi membri non dispongono più di un importante strumento di difesa per fronteggiare le crisi e ciò spiega lo spread tra un Paese in crisi senza sovranità monetaria (per es. Italia) ed uno in crisi ma con la possibilità di emettere (per es. Giappone).
Ed ecco allora che, dopo un iniziale periodo di apparente splendore (i primi anni dopo l’accesso all’Euro) favorito da un più facile accesso al mercato del debito, col sopraggiungere della crisi sono emerse tutte le fragilità dell’Unione monetaria.
Certo, i singoli Paesi (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia, ecc.) non sono assolutamente esenti da colpe, ma il non poter emettere denaro ha legato il proprio destino al sostegno da parte degli organi internazionali.
Gli organi internazionali hanno invitato (io direi obbligato) tutti i Paesi dell’Area Euro (Germania compresa) ad attuare Piani di Austerity che, nel caso dei Paesi più in difficoltà, erano e sono molto rigidi.
Questi Paesi avrebbero potuto ridurre tali Piani se solo avessero avuto la possibilità di emettere denaro…strumento cui, come s’è detto, hanno rinunciato aderendo a quel progetto di Unione monetaria tanto osannato.
Sia chiaro, non sono ottimista nemmeno per l’economia degli Stati Uniti poiché fanno cattivo uso del denaro emesso, ma ciò non toglie che noi siamo più fragili di loro.
Tornando ai Piani di Austerity richiesti dall’alto, è bene sottolineare che includono anche aumenti delle tasse, il che si riflette inevitabilmente sui consumi.
Parte così il seguente circolo vizioso:
Per di più, col passare del tempo, tale processo paradossalmente causa una riduzione delle entrate fiscali anziché aumentarle perché l’imponibile sul quale sono calcolate le tasse cala a causa del rallentamento economico.
Questa è matematica, non un’opinione personale.
Sono d’accordissimo che sia necessaria una rigida disciplina della gestione del denaro pubblico, ma aumentare la pressione fiscale in tempi di crisi, quando invece bisognerebbe fare l’esatto contrario, è un autentico suicidio.
Certo, all’inizio la disciplina può essere premiata dai mercati che apprezzano l’obbedienza di un alunno che fa i compiti a casa, ma in un secondo momento capiranno che gli ordini impartiti dall’insegnante si riveleranno non risolutivi ed addirittura controproducenti.
Per capire è sufficiente osservare la Grecia, alla quale, nonostante siano già stati chiesti sacrifici enormi ai loro cittadini, la Troika periodicamente continua a richiederne ulteriori (pena il mancato rilascio di ulteriori tranche di aiuti peraltro già concordate in passato) che finiscono per drenare acqua da un terreno già troppo arido.
E così via ormai da anni e nonostante la corposa svalutazione del debito più o meno volontaria da parte dei creditori privati.
Sia chiaro, in Italia la situazione è senza dubbio migliore, ma si sta percorrendo la stessa strada.
Certo, rispetto alla Grecia abbiamo un tessuto economico nettamente migliore, abbiamo molte più risorse, ma abbiamo anche un debito molto più grande cui far fronte.
E poi, pur avendo una struttura economica di ben diversa levatura, fino a che non la si metterà in condizione di funzionare a dovere non potremo contare più di tanto su di essa.
Alla luce di quanto scritto, mi appare quantomeno pericoloso mettersi nelle mani di un’Europa che piuttosto di emettere denaro fresco impone Piani di Austerity che come unico risultato hanno quello di rallentare l’economia e ridurre le entrate fiscali.
Se nessun politico vuole ‘macchiarsi’ della decisione di lasciar l’Area Euro o quantomeno sbattere i pugni sul tavolo (ma non per finta) talmente forte da convincere la BCE ad emettere moneta per darla ai Paesi più in difficoltà, si andrà verso un collasso del sistema al quale non sarà immune nemmeno la Germania, le cui esportazioni sono indirizzate soprattutto verso gli altri Paesi membri.
Giustissimo disciplinare la gestione del denaro pubblico, ma sbagliato basarla sull’aumento delle tasse a chi già le paga.
Eliminare gli sprechi ed i privilegi non frenerebbe la crescita.
Giusta anche la lotta ai grandi evasori, ma una lotta eccessivamente trasversale, per quanto possa essere eticamente ineccepibile, rischierebbe di far saltare quelle numerose attività che sopravvivono grazie ad un pò di evasione.
Perché non abbassare le tasse e contestualmente aumentare la lotta all’evasione? A quel punto presumibilmente una buona percentuale di piccoli evasori valutando corretta la pressione fiscale e temendo il giro di vite da parte dell’agenzia delle entrate finirebbe per pagare quanto dovuto mentre la parte restante sarebbe punita.
D’altra parte è risaputo che una riduzione della tassazione è possibile solo se si aumenta il numero di contribuenti e la strategia appena suggerita dovrebbe garantire che ciò avvenga.
Il tutto, senza ripercussioni negative all’economia…ma l’Europa dice che bisogna tassare minacciandoci di non sostenerci in caso di necessità.
Un’ultima annotazione: l’Unione Europea nasce dalla CEE la quale, magari non tutti sanno, fu istituita con lo scopo di garantire la pace in un Continente dilaniato da due guerre mondiali.
Ora, però, s’è visto che la medicina imposta per guarire l’attuale crisi (Piani di Austerity) ha originato manifestazioni che talvolta hanno sconfinato in violenza (in particolar modo in Grecia, ma anche in Spagna, in Italia, in Irlanda, ecc.).
Premesso che non si voglia giustificare in alcun modo la violenza, sembra inevitabile che la stessa sia destinata ad aumentare di pari passo con l’inasprimento o anche col solo mantenimento dei Piani di rientro del debito.
Ciò che voglio dire è che questa crisi rischia di appannare persino quel clima di pace che era l’obiettivo originario dell’Unione.
Riccardo Fracasso
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