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Quando un Paese, per reperire denaro, si rivolge al mercato emettendo titoli di Stato, lo fa ad un costo: gli interessi passivi.

Tali interessi sono una delle voci della spesa pubblica; uno dei due canali attraverso i quali un Paese copre la spesa pubblica, come sappiamo, è quello delle entrate pubbliche (l’altro è la contrazione di nuovo debito), composte principalmente da quelle fiscali.

Pertanto, lo Stato per raccogliere denaro emette titoli di Stato e paga degli interessi passivi che fa ricadere nelle tasche dei cittadini.

In altre parole, e qui arriviamo al nocciolo della questione, s’assiste ad un trasferimento di ricchezza dai cittadini al mercato, costituito principalmente dalle banche.

In parole ancor più semplici, con tale processo i cittadini si impoveriscono e le banche si arricchiscono.

Non si brucia ricchezza, ma semplicemente si trasferisce.

Non è quantomeno strano che tutto ciò avvenga sapendo che per molti Paesi esiste l’alternativa di crearsi il denaro dal nulla senza dover sottostare a qualsiasi richiesta del mercato?

Come più volte affermato, l’Italia, come peraltro tutti i Paesi membri dell’Area Euro, con l’avvento dell’Euro ha rinunciato alla sovranità monetaria e da allora l’unica istituzione avente il diritto d’emissione è la BCE.

Non sarebbe bene che la BCE, nel momento in cui uno Stato membro si trovasse nell’incapacità di raccogliere dal mercato denaro ad interessi ragionevoli, intervenisse creando moneta dal nulla e fornendogliela?

Un atteggiamento simile, inoltre, avrebbe l’effetto di tranquillizzare il mercato diffondendo il messaggio che oltre certi livelli c’è chi (BCE) interviene.

In caso contrario, si ha la sensazione d’abbandono.

Onestamente, qualcosa di simile Mario Draghi l’ha attuato e prende il nome di OMT (Outright Monetary Transactions), il cosiddetto ‘scudo anti-spread’: in estrema sintesi, uno Stato in difficoltà può richiedere denaro alla BCE.

Ciò ha effettivamente favorito un deciso ritorno di fiducia degli investitori e conseguentemente una vistosa riduzione dei rendimenti dei titoli di Stato emessi dai Paesi più in difficoltà (Italia compresa), ma esistono sostanziose differenze tra OMT e QE (per chi volesse approfondire, rimando alla lettura dell’articolo ‘Draghi annuncia l’OMT’).

Ma ora torniamo alla domanda posta in precedenza: perché mai uno Stato deve pagare per raccogliere denaro quando esistono Paesi che, se non reputano convenienti le condizioni richieste dal mercato, il denaro se lo creano dal nulla?

Condivisibile o meno, una risposta a tale comportamento esiste: il pericolo inflazione.

Mi spiego: la creazione di denaro può generare pressione sui prezzi e quindi ricadere anch’essa sui cittadini.

Insomma, l’inflazione stessa può essere considerata una sorta di tassa invisibile sui cittadini.

Non nego il rischio potenziale dell’aumento dell’inflazione, ma sostenere che bisogna emettere non vuol dire ritenere che si debba farlo in modo scriteriato; significa semplicemente emettere nuova liquidità solo nel caso di forte necessità, per esempio quando il sistema è in crisi di liquidità ed il mercato ti impone tassi svantaggiosi.

Altrimenti, uno Stato diventa schiavo delle banche.

Altrimenti, si gettano le basi per favorire l’usura legalizzata contro un Paese e, come abbiamo visto, i tassi finiscono per esser coperti dalle tasse.

Essere schiavi del mercato significa potersi ritrovare costretti ad accettare rendimenti inaccettabili che, come detto, pesano sulla spesa pubblica.

Peraltro, da decenni è abitudine comune per i Paesi coprire parte della spesa pubblica contraendo nuovo debito; si innesca così un circolo vizioso attraverso il quale il debito crea interessi il cui pagamento richiede la sottoscrizione di nuovo debito e così via.

A tal proposito, impressiona sapere che circa la metà del debito attuale dell’Italia sia stato contratto per pagare gli interessi e gli interessi sugli interessi via via formatisi.

Riccardo Fracasso

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