Lo S&P 500 ha chiuso la seduta a 1.775 punti, registrando un -0,01%.
Il bilancio settimanale è pari ad un -1,65%.
La chiusura settimanale nei pressi dei minimi ne rende probabili ulteriori nella prossima settimana.
Sono diverse settimane che si propone il seguente grafico, suggerendo prudenza:
Nel frattempo s’è assistito ad un lieve sforamento sia della trendline superiore che dell’estensione di Fibonacci indicata nel grafico.
Andiamo allora a quantificare i cali che hanno coinciso con le 2 volte passate in cui lo S&P 500 ha raggiunto la trendline superiore di questo ampio canale rialzista:
Le perdite furono:
- calo dal massimo di aprile 2010 = -17%;
- calo dal massimo di maggio 2011 = -21%.
Considerando che da qualche mese si parla di tapering (quindi ridimensionamento della QE3), preoccupa il fatto che le 2 discese più importanti degli ultimi 5 anni furono strettamente legate all’interruzione della quantitative easing.
Infatti, l’Aprile del 2010 cessò la QE1 ed il Luglio 2011 la QE2.
Apro una parentesi: qualcuno potrebbe giustamente osservare che il secondo calo ha leggermente anticipato la fine della QE2, ma è altrettanto vero che la fine della stessa era nota già da tempo (in altre parole, il mercato azionario ha anticipato leggermente la conclusione della QE2).
In entrambi i casi i cali sono davvero consistenti.
Una correzione del 15-20% dai recenti massimi (1.813) significherebbe scivolare a 1540 punti o addirittura a 1.450.
E’ giusto però evidenziare che nelle precedenti occasioni la QE1 e la QE2 furono interrotte completamente mentre al momento si parla di una riduzione della QE3; ciò suggerirebbe una correzione dello S&P 500 decisamente meno corposa rispetto alle passate.
D’altro canto, però, non va scordato che i precedenti cali partirono da valori nettamente inferiori (1.219 e 1.370) al recente massimo (1.813).
In altre parole gli eccessi di valore (oltre che di leva) attuali sono molto più elevati di quelli passati.
Ad ogni modo, i mercati (non solo quello americano) saranno influenzati in modo rilevante dall’entità del tapering che la Fed attuerà quando deciderà di ridurre gli stimoli monetari.
Riccardo Fracasso
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