Ieri Powell ha affermato come la Federal Reserve manterrà una politica monetaria espansiva anche nel caso in cui l’inflazione americana dovesse salire oltre il 2% (obiettivo storico della Banca Centrale statunitense).

Alcune considerazioni.

E’ noto come nel corso degli ultimi decenni gli interventi delle Banche Centrali sono stati sempre più frequenti e imponenti.

Misure principalmente finalizzate a ritardare l’inversione con cui ogni ciclo si conclude.

I principali effetti di tali interventi sono i seguenti:

  • cicli economici/finanziari sempre più lunghi;
  • la fase in cui il mercato viaggia in territorio di sopravvalutazione è sempre più dilatata e porta a eccessi sempre maggiori;
  • inversioni di fine ciclo sempre più incontrollabili e rovinose.

La medicina delle Banche Centrali, somministrata con queste dosi, finisce per essere la causa della malattia stessa.

Come più volte scritto, negli ultimi decenni sia il ciclo economico che quello finanziario sono diventati sempre più dipendenti al credito, elemento che assume quindi una importanza fondamentale.

Il credito non dev’essere confuso con la liquidità.

Chiarisco: non tutto ciò che è stampato da una Banca Centrale si trasforma in credito.

I canali di intermediazione del credito sono due:

  • banche;
  • mercato finanziario:
    • obbligazioni;
    • azioni (collocamenti e aumenti di capitale).

Più è bassa la propensione a erogare da parte di questi due canali e meno liquidità si trasforma in credito.

Negli Stati Uniti, arrotondando, le banche erogano credito per il 20% mentre il mercato finanziario per l’80%.

Pertanto, forti deflussi dal mercato finanziario hanno un enorme impatto sull’economia; di riflesso, le borse, essendo rappresentative dell’economia, scendono.

Uno spiacevole circolo vizioso che si concretizza in crisi incontrollate e termina solo quando chi fornisce credito (banche e mercato finanziario) torna a considerare rassicurante e conveniente il contesto.

In Europa le percentuali con le quali il credito è erogato sono inverse (banche 80%, mercato finanziario 20%).

Un crollo dell’economia americana ha inevitabili ripercussioni su quella europea.

Conseguentemente, una recessione porta a una stretta creditizia da parte delle banche europee, con tutto ciò che ne consegue sull’economia, rappresentata in ambito finanziario dalle borse.

Tutto questo per spiegare come l’accanimento terapeutico cui stiamo assistendo negli ultimi anni con ogni probabilità presenterà un conto salato da pagare.

Un conto che, nascosto in bella vista, è già presente nell’economia e che per quanto riguarda i mercati finanziari abbiamo già intravisto tra Febbraio e Marzo.

Riccardo Fracasso

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